<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La contaminazione

Tracce di Pfas
anche nelle acque
a nord di Miteni

Tracce di sostanze perfluoroalchiliche sono state riscontrate anche a nord dello stabilimento chimico Miteni di Trissino
Tracce di sostanze perfluoroalchiliche sono state riscontrate anche a nord dello stabilimento chimico Miteni di Trissino
Tracce di sostanze perfluoroalchiliche sono state riscontrate anche a nord dello stabilimento chimico Miteni di Trissino
Tracce di sostanze perfluoroalchiliche sono state riscontrate anche a nord dello stabilimento chimico Miteni di Trissino

Pfas anche a monte della Miteni. La presenza di sostanze perfluoroalchiliche è stata riscontrata anche in aree che si trovano più a nord rispetto allo stabilimento trissinese considerato dall’Arpav come principale fonte dell’inquinamento legato a tali composti. È quanto si legge in una nota tecnica dell’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale, che presenta alcuni risultati delle indagini sul territorio. «Campioni di falda analizzati nell’acquifero intravallivo a nord dell’area della Miteni spa - recita la relazione -, hanno riscontrato valori non nulli di Pfas indicando la presenza di una contaminazione di fondo (di minima entità) anche nel tratto vallivo più a monte».

I perfluori non sono dunque stati trovati solo a sud di Trissino, ma anche più a monte rispetto all’azienda chimica. La tesi è stata avanzata dalla stessa Miteni, a propria difesa. Ma da dove provengono i Pfas trovati a nord dello stabilimento? La loro origine non è chiara; bisogna tenere presente, però, come le sostanze perfluoroalchiliche trovino numerose applicazioni a livello industriale. È possibile, quindi, che le tracce di Pfas trovate nelle zone più a nord provengano da altre aziende dell’area.

Nel frattempo, è atteso tra poco più di una settimana il vertice a Palazzo Nievo che sarà convocato dal presidente della Provincia Achille Variati per fare il punto sull’inquinamento da Pfas nel Vicentino. Al summit parteciperanno i presidenti delle conferenze dei sindaci delle quattro Ulss beriche e saranno probabilmente convocati anche i primi cittadini dei Comuni interessati dal fenomeno. È invece attesa per domani la versione definitiva della lettera con la quale sarà richiesto, allo Stato, di riconoscere il disastro ambientale per il territorio interessato dall’inquinamento. Il testo segue un analogo documento proposto dai sindaci vicentini e recapitato a Venezia. La nuova versione è stata preparata dalla stessa Regione Veneto, che ne ha definito gli aspetti tecnici e normativi. Il documento sarà sottoposto ai primi cittadini per essere poi inviato a Roma con l’obiettivo di chiedere finanziamenti.

Sempre nel corso della prossima settimana, si riunirà il tavolo di lavoro formato da Regione e Istituto superiore di sanità, il quale deciderà come procedere, dal punto di vista sanitario, nei confronti dei 120 mila cittadini risultati esposti alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche. In particolare, secondo i risultati del biomonitoraggio eseguito dall’Iss, i picchi maggiori sono stati riscontrati in una “zona rossa” rappresentata da Brendola, Sarego e Lonigo, per un totale di 60 mila persone. Questi residenti, per i prossimi 5-10 anni, saranno “sorvegliati speciali” dal sistema sanitario regionale per accertare che l’accumulo di Pfas nel sangue non arrivi a provocare patologie.

Gli utenti saranno tutti esentati dai ticket sanitari. Come ricordato dal direttore della sanità regionale Domenico Mantoan, in base alle prime stime lo studio epidemiologico sui Pfas potrebbe costare fino a 150 milioni di euro all’anno. Se gli accertamenti dovessero protrarsi per 10 anni, la cifra salirebbe fino a 1,5 miliardi.

Matteo Carollo

Suggerimenti