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Thiene

Sparatoria mortale
Sgarro a un defunto
dietro l’omicidio

I rilievi dei carabinieri sul luogo del delitto, l’accampamento di via Liguria a Thiene. FOTO STELLA
I rilievi dei carabinieri sul luogo del delitto, l’accampamento di via Liguria a Thiene. FOTO STELLA
I rilievi dei carabinieri sul luogo del delitto, l’accampamento di via Liguria a Thiene. FOTO STELLA
I rilievi dei carabinieri sul luogo del delitto, l’accampamento di via Liguria a Thiene. FOTO STELLA

Quattro persone portate in carcere dopo una notte di interrogatori. Ma il sospetto è che manchi all’appello ancora il quinto uomo, quello che ha materialmente sparato. Tredici ore dopo l’agguato commesso giovedì pomeriggio nelle campagne tra Thiene e Zanè e sfociato nell’omicidio di Davide Kari, sinti di 51 anni, e nel ferimento del fratello Vianello, di 42, la procura ha disposto il fermo di quattro nomadi che appartengono alla stessa etnia della vittima, ma fanno parte di una famiglia rivale che vive a Schio. In manette sono finiti Lucia Helt, di 59 anni, i figli Fulvio e Davide, di 22 e 38 anni, e l’amico e parente di questi ultimi Paradise Kari, 27, che, a dispetto del cognome appartiene comunque al medesimo clan dopo aver sposato una Helt. Nessuno di loro ha confessato, ma gli inquirenti sono convinti di avere in mano prove schiaccianti. Si lavora ancora pure sul movente: è probabile che il delitto sia stato commesso per vendicare l’offesa arrecata forse dalla vittima a un parente defunto dell’assassino.

L’OMICIDIO. Carabinieri e polizia stradale, coordinati dal pubblico ministero Alessandro Severi, hanno ricostruito l’accaduto. Secondo gli inquirenti, erano circa le 16 di giovedì quando i quattro indagati sono arrivati assieme ad altri membri della loro famiglia al mini accampamento in via Liguria, dove i Kari si erano stabiliti con i propri camper da qualche settimana. Tra i due gruppi di sinti è scoppiata un’accesa discussione, che in pochi istanti è sfociata in rissa. All’improvviso uno degli Helt ha estratto una pistola ed esploso due colpi. Entrambe le pallottole hanno raggiunto Davide e Vianello Kari all’addome: per il primo non c’è stato nulla da fare; il secondo, invece, è rimasto ferito. Dopodiché l’assassino e gli altri aggressori sono scappati. I Kari hanno subito dato l’allarme alle forze dell’ordine, mentre un parente trasportava Davide e Vianello all’ospedale di Santorso. I medici hanno potuto soccorrere soltanto il più giovane dei due fratelli, che è stato operato d’urgenza e dichiarato fuori pericolo al termine dell’intervento.

LA FUGA E LA CATTURA. Nonostante il clima di omertà che regnava nel piccolo campo nomadi, gli investigatori sono riusciti comunque a risalire a tre dei veicoli in fuga: un camper, una Bmw 320 e un’Alfa Romeo 147. A quel punto, è scattata la segnalazione a tutte le forze dell’ordine e un elicottero è stato fatto alzare in volo per controllare il territorio dal cielo. Alle 17 è stato intercettato e bloccato il camper con a bordo Davide Helt, la moglie e i quattro figli minorenni. Il mezzo era fermo a un distributore di Breganze. Quindici minuti dopo, gli equipaggi della polizia stradale del distaccamento di Bassano hanno fermato le due vetture in via Montegrappa, a Sandrigo. Gli automobilisti hanno cercato di saltare il posto di blocco entrando nel parcheggio del supermercato Conad, ma gli agenti sono riusciti a sbarrare loro la strada. Accanto all’Alfa Romeo 147 è stata trovata una pistola calibro 9 avvolta in un asciugamano, quasi certamente l’arma usata per uccidere. Per gli agenti era stata Lucia Helt a gettarla fuori dal finestrino nel tentativo di liberarsene. Assieme alla donna viaggiavano il figlio Fulvio, Paradise Kari, un altro maggiorenne e quattro bambini. Alla fine, tutti gli adulti che si trovavano a bordo delle automobili e del camper sono stati portati in caserma in via Muggia e sono cominciati gli interrogatori.

GLI INTERROGATORI. Le domande degli inquirenti sono andate avanti per ore. I nomadi hanno ammesso di essere stati in via Liguria, ma tutti quanti hanno ribadito più volte di non c’entrare nulla con la morte di Kari. Nel frattempo, il lavoro delle forze dell’ordine e degli esperti della scientifica sulla scena del crimine andava avanti. E poco prima delle 5 di mattina, in base agli elementi raccolti, il pm ha emesso i quattro fermi con l’accusa di omicidio e tentato omicidio pluriaggravato in concorso. Tre dei quattro indagati sono stati portati in carcere al San Pio X, mentre l’unica donna si trova ora in cella alla casa circondariale veronese di Montorio.

IL QUINTO UOMO. Resta però ancora da chiarire chi abbia sparato. Un dubbio che pare non aver chiarito neppure il test dello stub, al quale sono state sottoposte tutte le persone sospettate dell’omicidio, per verificare l’eventuale presenza di residui da sparo su mani e braccia. Per questo motivo, si fa largo il sospetto che la persona che ha premuto il grilletto sia ancora in fuga. Anche la posizione degli altri sinti che si stavano allontanando dalla scena del crimine in auto deve essere verificata. Gli stessi inquirenti non escludono che il numero degli indagati possa aumentare ulteriormente.

LA PISTOLA. Gli inquirenti sono praticamente certi che la pistola che la più anziana del gruppo aveva gettato fuori dal finestrino sia l’arma del delitto: il calibro, infatti, corrisponde a quello dei due bossoli ritrovati sul luogo dell’omicidio. La ricerca nei database ha permesso inoltre alle forze dell’ordine di accertare che era stata rubata nel 2006 e che non è implicata in altri fatti di sangue. Nelle prossime ore, l’arma verrà spedita agli esperti del Ris per essere sottoposta ad altri test in laboratorio che potrebbero fornire ulteriori dettagli utili agli inquirenti per chiudere definitivamente il cerchio.

IL MOVENTE. Anche sul movente sono in corso accertamenti. Sembra che i due nuclei familiari fossero ai ferri corti da tempo e che la rivalità si fosse esasperata nelle ultime settimane, dopo che un membro della famiglia Kari, forse la stessa vittima, aveva offeso la memoria di un parente defunto degli Helt. Gli inquirenti non ne sono del tutto sicuri, ma al momento tendono a escludere che alla base del fatto di sangue ci siano somme di denaro oppure uno sgarro. Diversi membri di entrambe le famiglie sinti hanno avuto guai con la giustizia in passato, soprattutto per aver commesso furti in abitazione. Una circostanza che polizia e carabinieri tengono stanno tenendo in considerazione.

Valentino Gonzato

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