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Sostenibilità, dalla miniera all’oro digitale

Prosegue fino a mercoledì 24 gennaio in Fiera la kermesse VicenzaOro January, il salone internazionale della gioielleria. FOTO COLORFOTO
Prosegue fino a mercoledì 24 gennaio in Fiera la kermesse VicenzaOro January, il salone internazionale della gioielleria. FOTO COLORFOTO
Prosegue fino a mercoledì 24 gennaio in Fiera la kermesse VicenzaOro January, il salone internazionale della gioielleria. FOTO COLORFOTO
Prosegue fino a mercoledì 24 gennaio in Fiera la kermesse VicenzaOro January, il salone internazionale della gioielleria. FOTO COLORFOTO

Gianmaria Pitton Il mercato del gioiello e quello dell’oro sono in profonda trasformazione. Le nuove generazioni, i millennial - ma ora si parla anche di post-millennial - hanno con i preziosi un rapporto molto diverso da quello che avevano i loro genitori o nonni. E questo vale anche per i Paesi del Far East, per l’India, la Cina, dove il consumo di gioielli sta crescendo a ritmi impressionanti. Si parla, sotto diversi aspetti, di Asian Century, secolo asiatico, per far intendere dove si concentreranno gli affari. India e Cina rappresentano oggi il 50 per cento della domanda mondiale dell’oreficeria. Ma non è un mercato da affrontare con leggerezza. Lì, come pure in molte altre parti del mondo, i consumatori sono sempre più attenti alla sostenibilità, cioè a produzioni etiche, tracciabili, a una filiera trasparente. «Una sfida planetaria», l’ha definita Corrado Facco, direttore generale di Italian Exhibition Group, nonché vicepresidente di Cibjo, la confederazione internazionale della gioielleria, nell’aprire ieri al Vo Squadre di VicenzaOro January il seminario dedicato alla sostenibilità dell’oro, promosso dal Club degli Orafi, dal World Gold Council e da Ieg; una collaborazione che riproduce, per l’occasione, quella che secondo Gaetano Aprea, presidente del Club, dovrebbe essere un’alleanza sistemica - includendo Federorafi di Confindustria - per fare fronte, appunto, a questa sfida, che si può riassumere, ha ricordato Facco, nella formula Corporate social responsability, «un’opportunità, quella di rappresentare la filiera produttiva con un sistema di tracciabilità, con la quale tutto il mondo fashion si sta confrontando». La risposta sta anche nel progetto per la certificazione che Cibjo, Federorafi e Club degli Orafi stanno approntando, in via sperimentale, per 109 aziende italiane. L’ha ricordato anche Ivana Ciabatti, presidente nazionale di Federorafi, sottolineando il primato italiano nell’impegno a garantire trasparenza e legalità alla propria filiera. La brand reputation non è più un’opzione: «Il settore orafo italiano - ha specificato - è all’avanguardia, sia rispetto ad altri comparti del made in Italy, sia rispetto a settori orafi stranieri». L’oro, è il pensiero della presidente Ciabatti, ha inoltre un suo valore intrinseco, «perché si può vedere, toccare, depositare in ogni parte del mondo. Rappresenta l’economia reale», rispetto alle criptovalute sempre più diffuse. La sostenibilità tocca tutti gli aspetti della filiera, dalla produzione mineraria (ne parliamo qui a fianco), specie nei paesi dove sono in corso conflitti, fino alla finanza e al rischio di speculazioni, e alle transazioni virtuali. Argomento che va di pari passo con l’e-commerce, cresciuto del 23 per cento nel 2017: non è più possibile, ha affermato Filippo Finocchi di Italpreziosi, per il settore del gioiello pensare di starne fuori. Così come non si può più avere l’attenzione rivolta solo al prodotto, senza pensare alla finanza e ai suoi prodotti, come i derivati. Se usati con attenzione, posso mettere al riparo da brutte sorprese. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianmaria Pitton

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