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Vicenza

«Sesso per un lavoro
Sono stata la prima
a fare denuncia»

Michela Morellato allora 18enne querelò un telegiornalista
La vicentina Michela Morellato
La vicentina Michela Morellato
La vicentina Michela Morellato
La vicentina Michela Morellato

VICENZA. «Avevo 18 anni ed ero alla ricerca di un posto nel mondo. Mi disse che ero un volto interessante per la sua trasmissione. In macchina respinsi le sue pesanti avance mettendomi a urlare. Lui si scusò, aveva 34 anni più di me, e avrei potuto perdonarlo. Poi mi disse che era un pezzo grosso, che creava e distruggeva le ragazzine come me se non erano carine con lui. Non sopportai quelle parole e la mia sete di giustizia mi spinse a denunciarlo». Michela Morellato ricorda con pignoleria. Da settimane l’onda lunga partita dagli Stati Uniti col caso Weinstein, amplificatasi con fragore anche in Italia, fa ancora discutere, anche se nei più a prevalere è il realismo. Sesso in cambio di lavoro nel mondo dello spettacolo? Stupisce che ci si stupisca, questo è il ragionamento di tanti. Giusto dodici anni fa un servizio delle Iene sulla vicenda di un allora sconosciuta ragazza vicentina di 18 anni, appunto Michela Morellato, scatenò il putiferio. La determinata ragazza querelò il noto telegiornalista della Rai Amedeo Goria, che fu latore della proposta indecente e finì sotto inchiesta per molestie sessuali. Poi il giudice archiviò, ma Michela fu risarcita. Nel corso della conversazione lei non nomina mai Goria. «Quello che mi indigna - afferma - è che le benpensanti di oggi all’epoca non mi diedero un briciolo di solidarietà. Vabbé, ero una ragazza di provincia, ma avevo solo 18 anni ed ebbi il coraggio di denunciare un malcostume esteso. E che cosa avvenne?»
Ce lo dica lei, Morellato
Che venni boicottata e, per usare un termine oggi in voga sui social, bannata. Esclusa. Le televisioni nazionali mi misero nella lista delle persone scomode. Non ero famosa e non cercavo quel genere di fama. Quante cattiverie su di me.
Ne è sicura?
Già allora si sarebbe potuto far scoppiare lo scandalo, ma molti nelle Tv temevano che un esercito di ragazze si presentassero a far denuncia, perché il mio “big deal” non era certo l’unico a fare certi discorsi.
Si è mai pentita di non avere aderito a quell’invito?
Mai. Adesso ci si stupisce dell’ovvio, abbiamo visto le storie di ragazze e attrici che a distanza di anni hanno denunciato le violenze, ma io rispondo: perché non l’avete fatto subito, come feci io?»
Già, perché?
Ci vuole coraggio ad andare controcorrente. Può costare caro. Non fai carriera e vieni bollata come una di quelle che rompe.
Che cosa la spinse a rivolgersi alla Procura?
Combattere per una giusta causa, per la dignità delle donne, perché nella vita si fa strada in base al merito e alle capacità, e non perché sei carina e sei disponibile. E questo indipendentemente dal fatto che succeda nello spettacolo. Si sa che il mondo del lavoro è ancora permeato di maschilismo. Perciò presentai la querela perché sognavo di diventare una paladina.
Non era un’illusione?
Può essere, ma ne valeva la pena.
Veniva percepita come spregiudicata.
Non sono una santa, errori ne ho commessi, ma ebbi il coraggio di denunciare pubblicamente la violenza contro le donne. Ne sono orgogliosa, anche per i miei figli, perché bisogna distruggere questi che sono abusi di potere.

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