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Il caso

Selfie in ospedale
Ora il ministero
spegne i cellulari

Una delle foto che hanno provocato l’intervento del ministero
Una delle foto che hanno provocato l’intervento del ministero
Una delle foto che hanno provocato l’intervento del ministero
Una delle foto che hanno provocato l’intervento del ministero

VICENZA. Selfie in corsia. Ora non si può più. Da Nord a Sud della Penisola dilagano sui social le immagini di medici, ma anche di infermieri e tecnici, davanti a un letto di ospedale con il sorriso stampato sulle labbra, o, addirittura, nel corso o al termine di un intervento chirurgico, come se il paziente fosse un trofeo. E il ministero della salute dice “basta”: qui si viola la privacy del paziente e non si rispetta il codice professionale. L’autoscatto ferisce la dignità di chi sta male. Così il direttore generale Rossana Ugenti scrive alla federazione nazionali degli ordini dei medici (Fnomceo), al collegio degli infermieri (Ipasvi), ai rappresentanti di ostetriche e tecnici di radiologia: non si tollerano più quegli scatti che finiscono nelle gallerie degli smartphone e nei social network.

L’invito del ministero è raccolto subito dalla presidente della Fnomceo Roberta Chersevani, che, a sua volta, spedisce una nota agli ordini provinciali con la richiesta di vigilare. 

Vicenza, su questo terreno, era partita in Italia prima di tutte. Di un anno fa la denuncia del presidente dell’ordine Michele Valente di un episodio non rispettoso del codice deontologico. Un medico dell’ospedale aveva postato sul proprio profilo facebook una sua foto accanto al paziente appena operato, e l’ordine era intervenuto per stigmatizzare l'iniziativa. Il sanitario era stato identificato e sollecitato a un comportamento più prudente. «Fare un selfie non è reato – spiega Valente – ma può ledere il diritto del paziente alla riservatezza. Chiunque, da un’immagine, può risalire al nome del paziente, capire in che reparto si trova, quale patologia possa avere. Si fa un uso improprio dei social con una pratica che non si addice all’etica che deve improntare la condotta del medico».

Franco Pepe

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