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Vicenza

Se a violentare
è un prete,
paga la Diocesi

Il palazzo vescovile che ospita gli uffici della Diocesi. ARCHIVIO
Il palazzo vescovile che ospita gli uffici della Diocesi. ARCHIVIO
Il palazzo vescovile che ospita gli uffici della Diocesi. ARCHIVIO
Il palazzo vescovile che ospita gli uffici della Diocesi. ARCHIVIO

Se un sacerdote si macchia di una violenza sessuale, a pagare i danni alle vittime deve pensarci il vescovo. È la decisione - in penale, sarebbe la prima in Italia - presa dal tribunale di Vicenza, che l’altra mattina ha sciolto le riserve ed ha accolto la richiesta degli avvocati di due ragazzine e della loro mamma, che sostengono di essere state molestate sessualmente da un ex parroco. Il collegio presieduto da De Stefano (giudici Garbo e Velo) ha quindi ritenuto che possa essere chiamata al processo come responsabile civile la Diocesi.

IL CASO. In tribunale a Vicenza, davanti al collegio e al pubblico ministero Floris, è in corso il processo a carico di don Giovanni (per tutti Gianni) Baccega, 81 anni, originario di Fontaniva, che oggi vive a Crespano del Grappa. Secondo l’accusa, fra il 2007 e il 2008 avrebbe allungato morbosamente le mani su due sorelle, di 13 e 15 anni, figlie di un vecchio amico, mentre era amministratore parrocchiale a Sant’Antonio del Pasubio. Don Gianni, assistito dall’avv. Roberto Quintavalle, ha sempre respinto le accuse, professando la sua innocenza: «Affrontiamo con serenità il processo - ha detto il difensore - certi dell’estraneità del mio assistito alle accuse». La madre delle due presunte vittime si era rivolta ai carabinieri di Brendola, dove abitava (oggi la famiglia è residente in città), solamente nell’estate del 2013, per sporgere denuncia. Aveva atteso anni anche perchè solo poco prima lei e le figlie si erano rivolte ai servizi sociali per altri problemi e avevano raccontato l’accaduto; e gli assistenti avevano consigliato loro di rivolgersi alle forze dell’ordine. In precedenza non lo avevano fatto, per il diniego del patrigno delle ragazze, amico di lunga data di don Gianni, che le aveva decisamente sconsigliate dal prendere iniziative. All’epoca dei fatti, proprio in virtù dell’amicizia del padre, la famiglia frequentava la parrocchia di Sant’Antonio.

LE ACCUSE. Don Gianni in diverse circostanze avrebbe preso in disparte la sorella maggiore, per confessarla; gli episodi sarebbero avvenuti in diversi ambienti parrocchiali, mai in chiesa. Ma, oltre a chiacchierare e a somministrare il rito della penitenza, il sacerdote avrebbe toccato la giovane in maniera morbosa. In una sola occasione, invece, avrebbe allungato le mani sulla sorella più piccola, nella primavera del 2008. Il sacerdote, che aveva sempre aiutato economicamente la famiglia, avrebbe inviato una lettera di scuse.

IL PROCESSO. Le due ragazze e la mamma si sono costituite parte civile con l’avv. Antonella Bonazzo e due legali veronesi chiedendo più di 100 mila euro di danni. Poiché verosimilmente quella somma non è nella disponibilità del sacerdote, hanno chiesto la responsabilità della Diocesi di Vicenza. E venerdì il tribunale ha accolto la richiesta; una decisione che, come detto, non vanterebbe precedenti. Qualche anno fa, in un caso simile, il tribunale civile di Bolzano aveva condannato la Diocesi (che ha presentato ricorso in Appello) a pagare. Negli Stati Uniti la norma sul punto è chiara: a pagare deve essere la Curia, tanto è vero che la Diocesi di Boston, proprio per queste ragioni, è in serie difficoltà economiche. Ma i giuristi hanno finora sostenuto che non ci sia un rapporto di dipendenza diretta fra sacerdote e vescovo, che non può quindi essere ritenuto il suo “datore di lavoro”. Sul punto, sarà necessario leggere quando sarà depositata l’ordinanza del collegio per comprendere il ragionamento compiuti dai giudici vicentini.

L’UDIENZA. Il dibattimento entrerà nel vivo alla prossima udienza, fissata in ottobre. Saranno ascoltati i primi testimoni e quindi toccherà alle due ragazze, oggi diventate maggiorenni, raccontare la loro versione.

Diego Neri

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