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Vicenza/Cogollo

S’inventa lo stupro
Viene condannata
per calunnia

Un’aula del tribunale di Vicenza, dove ieri è stata discussa la delicata vicenda. ARCHIVIO
Un’aula del tribunale di Vicenza, dove ieri è stata discussa la delicata vicenda. ARCHIVIO
Un’aula del tribunale di Vicenza, dove ieri è stata discussa la delicata vicenda. ARCHIVIO
Un’aula del tribunale di Vicenza, dove ieri è stata discussa la delicata vicenda. ARCHIVIO

Aveva accusato di violenza sessuale e stalking il suo istruttore di equitazione e lo aveva portato in tribunale, dove era emerso che la verità era tutt’altra. E così a finire nei guai è stata l’accusatrice, Federica Minnella, 28 anni, dottoressa di Cogollo del Cengio, condannata ieri in primo grado con il rito abbreviato a un anno e quattro mesi di reclusione per calunnia; la pena è stata sospesa. La donna è stata invece assolta dall’accusa di falsa testimonianza perché il fatto non costituisce reato. Difesa dall’avv. Annamaria Alborghetti, farà ricorso in Appello.

La vicenda originaria risale al 2010 quando Minnella, laureata in medicina, ma all’epoca brillante studentessa con la passione per l’equitazione, aveva denunciato ai carabinieri di Piovene Rocchette l’istruttore padovano Antonio Sivieri, oggi 39 anni, accusandolo di reati molto pesanti: violenza sessuale e atti persecutori. I fatti erano accaduti nel maggio 2010 nell’isola di Albarella dov’era in corso un concorso ippico nazionale. La vicentina vi prese parte. I partecipanti dormirono, in gruppo, in una delle villette dell’isola. Una notte, dopo i balli in discoteca, lei e lui restarono a chiacchierare in giardino. Secondo la querela che la ragazza sporse l’8 maggio seguente, l’istruttore, seppure in un clima amichevole, a un certo punto l’aveva violentata mettendosi sopra di lei e bloccandone i movimenti. Ma gli episodi non si sarebbero fermati. Lei raccontò di altre quattro violenze successive, accadute in alberghi di Abano.

Per il maestro d’equitazione era scattata anche l’accusa di stalking, compiuto dal 2 al 14 maggio a Cogollo. Al termine dell’indagine preliminare la procura rodigina chiese l’archiviazione. La parte offesa si oppose, il giudice l’accolse e Sivieri fu rinviato a giudizio. In aula la difesa portò come fonte di prova i tabulati degli sms che lei mandò al numero di lui e incontri che capovolgevano l’ipotesi accusatoria.

Davanti al tribunale di Rovigo (competente in quanto la prima presunta violenza era avvenuta ad Albarella), i difensori dell’istruttore, Emanuele Fragasso junior e Giorgio Gargiulo, avevano infatti esibito i messaggini che la dottoressa aveva spedito all’istruttore prima e dopo l’incontro, e una notte in albergo dopo l’asserita violenza che descrivevano l’incontro intimo in maniera molto diversa.

«Mi manchi», «Mi mancano i tuoi abbracci», «Ciao tesoro, ti voglio bene piccolino». Si trattava di messaggini spediti nei giorni di poco successivi ai fatti di Albarella. Sms inequivocabili, a senso unico. Nulla che facesse pensare a una violenza, anzi; la ragazza esprimeva sentimenti che andavano nella direzione contraria e chiamava il suo presunto violentatore in più occasioni “amore”. Tra gli altri messaggi inviati da Federica il giudice estensore Stefanutti ha sottolineato quello in cui la giovane scriveva: «Grazie per le splendide serate...». L’11 luglio 2013, dopo un incubo durato tre anni, Sivieri era stato assolto, uscendo a testa alta ma comunque provato dalla vicenda. L’istruttore era stato per forza di cose scagionato anche dallo stalking (secondo la denuncia aveva pressato la ragazza con telefonate e visite) con la formula piena «perché il fatto non sussiste».

I giudici rodigini avevano quindi ordinato la trasmissione degli atti alla procura di Vicenza (la denuncia era scattata a Piovene) per le indagini stavolta a carico della giovane. E le parti si erano invertite, perché sul banco degli imputati è finita la professionista con le accuse di calunnia e falsa testimonianza.

La seconda è caduta dopo il rito abbreviato, perché le parole riferite dalla dottoressa durante il processo a Rovigo non costituiscono reato. Ma con la denuncia presentata a Piovene, sapendo che l’istruttore era innocente, lo ha calunniato. E per questo il gup Massimo Gerace l’ha condannata.

Paolo Mutterle

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