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Vicenza

Rischio jihad
dentro al carcere
Più controlli

di Enrico Saretta
Controlli in carcere per il rischio-jihad ma intanto le celle della struttura restano sovraffollate
Controlli in carcere per il rischio-jihad ma intanto le celle della struttura restano sovraffollate
Controlli in carcere per il rischio-jihad ma intanto le celle della struttura restano sovraffollate
Controlli in carcere per il rischio-jihad ma intanto le celle della struttura restano sovraffollate

Non scoppia, ma poco ci manca. E alcuni detenuti devono essere costantemente monitorati per evitare il rischio del radicalismo islamico. Il carcere San Pio X ad oggi ospita circa 220 detenuti (216 al 31 dicembre 2015), a fronte di una capacità di 156 posti. Ecco quindi che la direzione è costretta ad arrangiarsi come può, ricavando altri spazi nelle celle a disposizione. In linea teorica, il problema dovrebbe risolversi con l’apertura della nuova ala, prevista per luglio, che garantirà altri 200 posti. Il condizionale, però, è d’obbligo, perché una volta che il carcere sarà più capiente potrebbe dover affrontare un nuovo boom del trasferimento di detenuti.

La fotografia e lo stato di salute del carcere vicentino sono stati presentati ieri al San Pio X in occasione della cerimonia per il 199° anniversario del Corpo di polizia penitenziaria. Presenti il direttore della struttura Fabrizio Cacciabue, il vice comandante Maria Luisa Alessi e altre autorità, tra cui il procuratore capo Antonino Cappelleri e il questore Gaetano Giampietro. Non è mancata una rappresentanza dell’Anppe, l’associazione nazionale polizia penitenziaria. È stato proprio il vice comandante a relazionare sui numeri, dai quali è emerso il problema sovraffollamento.

Ma c’è una specifica attenzione anche a un’altra questione: il rischio radicalismo. È noto che le strutture carcerarie possano diventare degli incubatori di cellule estremiste, legate al radicalismo islamico. Sull’eventualità che ciò stia accadendo pure al San Pio X, il direttore Cacciabue si trincera dietro un secco “no comment”. Il vice comandante Alessi, però, ammette che l’attenzione è alta. «Premesso che ad oggi nella nostra struttura non esiste un pericolo concreto legato all’estremismo - precisa - monitoriamo comunque costantemente alcuni soggetti, che presentano dei comportamenti dubbi. Il nostro scopo è prevenire le forme di radicalizzazione. Il problema è che oggi il carcere è sempre più una struttura “aperta”, per cui il rischio di contaminazione ideologica tra i detenuti esiste dappertutto». Lo stesso cappellano del carcere, don Luigi Maistrello, all’indomani degli attentati del 13 novembre a Parigi aveva denunciato il comportamento di alcuni giovani detenuti, che in più di un’occasione avevano dimostrato simpatia per lo Stato Islamico, al grido di Allah Akbar nelle loro celle.

Oltre al rischio radicalismo, il San Pio X deve affrontare quotidianamente quelli che gli addetti ai lavori definiscono “episodi critici”. L’ultimo anno sono stati ben 598, quasi 2 al giorno in media. «Si va dalla piccola lite al principio d’incendio - prosegue il comandante -. Avvengono anche episodi di distruzione della cella, da parte di quei detenuti che non accettano la loro situazione e vivono la loro reclusione come un’ingiustizia».

Al San Pio X, insomma, la tensione è all’ordine del giorno. «Il nostro è un lavoro molto difficile - chiude Alessi -. perché dobbiamo affrontare i problemi legati al sovraffollamento e alla convivenza di persone di etnie diverse».

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