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Vicenza, al San Bortolo

Registi e attori
nelle suite
“low cost”

Una stanza del reparto a 5 stelle dell’ospedale San Bortolo
Una stanza del reparto a 5 stelle dell’ospedale San Bortolo
Una stanza del reparto a 5 stelle dell’ospedale San Bortolo
Una stanza del reparto a 5 stelle dell’ospedale San Bortolo

VICENZA. Ora le richieste arrivano anche dall’estero. Un canadese, che non riusciva a risolvere in patria il suo problema urologico, è atterrato a Venezia e poi in taxi fino al reparto business-class del San Bortolo. Gli americani, specie le gestanti Usa, fanno a gara per entrare. E adesso le new entry, soprattutto al femminile, hanno passaporto cinese. Ma le prenotazioni vengono pure da ricchi nordafricani e medio-orientali. Per non parlare dell’Italia: ultimi arrivi da Roma, Milano, Napoli, Palermo, Cosenza. E, poi, ovviamente, lo zoccolo duro è made in Veneto. Vicentini, trevigiani, veneziani. Censo e status non sono una discriminante. Abbondano gli imprenditori benestanti, ma non mancano i comuni travet che hanno avuto l’accortezza di premunirsi di un'assicurazione sulla salute. E non sono mancati in questi mesi neppure i vip, di cui, per rispetto della privacy, non facciamo nome e cognome, ma che garantiamo essere star di prima grandezza del jet-set internazionale: un regista e un’attrice.

Fino a 3 anni fa il servizio presentato dal management-Ulss dell’epoca come il fiore all’occhiello dell’ospedale sembrava un flop. Oggi la sezione degenze private del San Bortolo, quello che nella vulgata popolare è meglio noto come il reparto dozzinanti, vola con il vento in poppa. Per avere una stanza bisogna mettersi in lista di attesa, il tasso di occupazione varia dall’85 al 120 per cento, le 12 camere più le 2 suite con vista su Monte Berico o parco Querini sono più richieste di un hotel dorato di Dubai o Miami, e la sanità a 5 stelle di Vicenza diventa un caso sanitario, il totem di un ospedale che riesce ad unire qualità dell’assistenza pubblica e ospitalità di clinica privata al top.

Merito di una politica gestionale che ha calmierato i prezzi insostenibili della prima ora ma anche di una gestione interna che, dall’avvento ad agosto del 2014 della nuova caposala Monica Ronzani, ha rivoluzionato modus operandi, dinamiche e organizzazione del reparto. Sono i numeri ad attestare questa marcia diventata improvvisamente veloce che per le casse aziendali si sta rivelando una miniera d’oro.

Due anni fa, alla fine del 2015, 995 ricoveri, 621 adulti e 374 bambini. Lo scorso anno, un aumento impressionante: 1437 ricoveri, 870 adulti e 567 bambini. Il trend prosegue in costante escalation. Anche ieri neppure una stanza libera, e un paziente in attesa di entrare. Mesi più affollati: agosto, luglio, novembre, ottobre, settembre, dicembre. Clienti più numerose neomamme e bambini. Servizio più gettonato: il check up in 24 ore. Pazienti più ricorrenti i reduci da interventi chirurgici e cardiochirurgici. Era il 20 settembre del 2013 e sembrava la fine per il reparto delle meraviglie, voluto nel 2009 da dg Antonio Alessandri.

Un de profundis quasi annunciato, dopo che il nuovo dg Ermanno Angonese a giugno ne aveva disposto la chiusura estiva: «Come immagine, niente da dire. È bello. Ma non può andare avanti con i letti vuoti». Il sogno americano del San Bortolo stava per estinguersi. Il “5 stelle deluxe” che Alessandri mostrava con orgoglio ad autorità e ospiti illustri, rischiava di scomparire senza essere mai decollato. La previsione era di ricavare 500 mila euro l’anno per pagare il personale e riversare il resto dei ricavi sul bilancio. Ma i conti si erano dimostrati sbagliati e la pubblicità non era servita. Troppo alte le tariffe: 450 euro al giorno la singola, 500 la suite, più spese e ticket per interventi, visite e esami in libera professione. Malati paganti con il contagocce: 180 nel 2011, 210 nel 2012. Impossibile, con questi numeri, tenere in piedi una struttura.

Franco Pepe

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