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Vicenza

Ragazzino offende
bambino di colore
in oratorio: denuncia

Ragazzi giocano a pallone nel campetto di un oratorio. ARCHIVIO
Ragazzi giocano a pallone nel campetto di un oratorio. ARCHIVIO
Ragazzi giocano a pallone nel campetto di un oratorio. ARCHIVIO
Ragazzi giocano a pallone nel campetto di un oratorio. ARCHIVIO

Quel bambino che lo prendeva in giro quando sbagliava i rigori o i passaggi più facili lo mandava in bestia. E così, in diverse occasioni, lo aveva rincorso per fargliela pagare. E se il piccolo scappava lo prendeva di mira a parole, un po’ scherzando, un po’ no. Fino a quando le offese, prima goliardiche, non avrebbero superato il segno, trasformandosi in insulti razziali: «Sei solo un piccolo negro di m.», una delle frasi più tenere. Tanto da farlo piangere. E così, il padre di quel bambino africano, di 10 anni, ha denunciato quel giovane di 16 anni di origini serbe. Ha sporto denuncia per ingiurie aggravate dall’odio razziale, pronunciate in un ambiente che fa dell’accoglienza la sua bandiera: l’oratorio.

GLI INSULTI. I fatti contestati sarebbero avvenuti il mese scorso, all’interno di un patronato della zona est della città, che non citiamo per non rendere riconoscibili i due minorenni coinvolti. Quell’oratorio è frequentato da molti ragazzi, che si trovano il pomeriggio o il fine settimana per le attività ricreative, per la preghiera e per fare sport. Fra di loro anche Goran (il nome è di fantasia), 16 anni, studente, nato in Serbia, che vive a Vicenza da qualche anno, e Richard (anche in questo caso il nome è di fantasia, trattandosi di minorenni), 10 anni, nato in Africa, arrivato in Italia che aveva pochi mesi. È di colore, e questo ovviamente non è mai stato un problema per lui. Fino alle parole di Goran, che lo avrebbe apostrofato con termini razzisti.

LA LITE. I due ragazzi giocano spesso a pallone in oratorio. E, come tutti i calciatori, si beccano. Richard, pur essendo più piccolo, sarebbe più forte; e per questo in più occasioni avrebbe deriso l’adolescente, invitandolo a darsi ad altri sport, o prendendolo in giro perché calciando i rigori così male non si sarebbe mai trovato una ragazza. E il serbo, per “punirlo”, lo insegue fingendo di prenderlo a sberle. All’inizio di marzo, in una di queste circostanze, Goran avrebbe alzato i toni, offendendo il più piccolo con il «negro», condito da una serie di altre espressioni irriferibili. Richard, che stava scappando via come al solito, si era fermato. E Goran aveva ripetuto le offese. E lo avrebbe fatto anche un paio di giorni dopo, questa volta facendo piangere il bambino che a quel punto aveva raccontato tutto al padre.

I SACERDOTI. I preti della parrocchia erano stati informati dell’accaduto da un animatore. Il quale, per primo, aveva cercato di smorzare i toni, di consolare Richard e di far ragionare Goran. I sacerdoti avevano preso da una parte entrambi, tranquillizzandoli, e spiegando da un lato al bimbo che nessuno ce l’aveva con lui per il colore della pelle, e che si era trattato di frasi infelici in momenti di rabbia; e dall’altro che quelle parole erano sbagliate, e che il perdono va conquistato. Goran aveva anche deciso di chiedere scusa al bambino, che però non si sarebbe più presentato, per alcuni giorni, in oratorio.

IL PADRE. Il papà di Richard aveva voluto incontrare il serbo. Lo aveva visto in quartiere, e lo aveva affrontato a brutto muso. Il sedicenne aveva reagito male, mandando a quel paese l’adulto, e ribadendo che per lui il problema non era il colore della pelle, ma la maleducazione di Richard, che restava comunque un «negro». L’africano, arrabbiato, aveva quindi deciso di sporgere denuncia, dopo aver scoperto che in Italia le discriminazioni razziali sono punite, se viene provata la violazione della legge Mancino del 1993. Si è rivolto in caserma ed ha raccontato quanto accaduto, affinché la procura per i minorenni apra un’inchiesta su quanto accaduto e sulle frasi dello studente. Peraltro, sarebbero stati in molti a sentirle; potrebbero essere chiamati a testimoniare per fare chiarezza.

Diego Neri

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