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Province a rischio crac
Variati va da Mattarella
«Lo Stato ci dissangua»

La stretta di mano tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il sindaco Achille Variati
La stretta di mano tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il sindaco Achille Variati
La stretta di mano tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il sindaco Achille Variati
La stretta di mano tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il sindaco Achille Variati

«Combatteremo, senza gettare la spugna». Da ex democristiano a ex democristiano. Con franchezza, senza perdere il sorriso del rispetto istituzionale. Achille Variati, nelle vesti di presidente nazionale dell’Upi, ha consegnato ieri al presidente della Repubblica Sergio Mattarella il verbo delle Province italiane: un grido di dolore, per le risorse sottratte dallo Stato ai territori. E un appello (un ordine del giorno votato dai presidenti) rivolto al Quirinale, perché «si faccia garante della Costituzione». Quella che all’articolo 119 attribuisce alle Province una serie di funzioni, cui devono corrispondere le risorse minime. Quelle che oggi, però, sono drammaticamente assenti: un miliardo e 250 milioni di motivi per mettersi in trincea al fine di evitare il crac degli enti.

LA LOTTA. La linea del «combattimento» è una novità, emersa in coro dall’assemblea dei presidenti di Provincia. Fino a qualche tempo fa, il refrain di fronte allo Stato che «dissangua» le aree vaste era un altro: senza risorse, riconsegniamo le chiavi. «Ma ci siamo guardati negli occhi - racconta Variati - e abbiamo avuto un sussulto d’orgoglio: non molliamo, non chiniamo il capo, ma combattiamo per portare ai territori quello che spetta loro». È un Variati di lotta e di governo quello che ieri, con una delegazione di colleghi presidenti, è stato ricevuto da Mattarella. «Se entro fine febbraio il governo non dovesse varare un decreto ad hoc prevedendo le risorse necessarie per erogare i servizi ai cittadini, le Province faranno degli esposti cautelativi a tutte le procure», aveva affermato Variati in mattinata a margine dei lavori dell’assemblea dei presidenti. «Siamo pronti anche a piantare una tenda di fronte a una sede istituzionale e da lì non ci muoveremo fino a quando non avremo una risposta».

TERRITORI IMPOVERITI. Variati ha ricordato anche al Presidente della Repubblica che lo Stato sta drenando il 97% delle entrate proprie delle Province. La richiesta al governo è di azzerare il prelievo di risorse da 650 milioni a livello nazionale «per il quale abbiamo chiesto espressamente un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri» e di stanziare «altri 600-650 milioni aggiuntivi, da erogare con un decreto, come denaro cash». Sono queste le somme necessarie per salvare le Province. «Per garantire i servizi minimi», precisa Variati. «Quotidianamente, in giro per l’Italia, ci sono strade provinciali che vengono chiuse perché pericolose, ma non ci sono i soldi per ripararle. La manutenzione delle scuole superiori è ormai sotto standard, anche se a Vicenza siamo messi meglio che altrove». E per quanto riguarda il personale, dimezzato per obbligo di legge negli ultimi due anni, «ci sono Province che oggi si ritrovano senza un ingegnere a capo della struttura tecnica».

(DIS)UGUAGLIANZE. Variati si fa portavoce delle istanze del «70 per cento degli italiani che vivono nelle province» delle regioni a statuto ordinario. Il punto è che l’altro 30 per cento, spesso, pesa di più. Se ne è avuta la riprova ieri quando la Conferenza unificata Stato-autonomie è saltata per l’ennesima volta. A puntare i piedi sono state le Province delle Regioni a statuto speciale, che rivendicano la loro quota - 100 milioni di euro - nell’azzeramento del prelievo forzoso che lo Stato aveva in programma quest’anno. Morale: tutto il dossier-Province è slittato ancora. Per questo Variati ha riassunto al presidente Mattarella una tripla emergenza: finanziaria, organizzativa, ma anche ordinamentale. «Che senso hanno, oggi, le Autorità di governo dei trasporti o quelle dei rifiuti e dell’acqua, quando tutto potrebbe essere svolto dalle Province?». E conclude. «C’era un tempo in cui l’antica Roma credeva nelle sue Province. Oggi, le Province sono costrette a ribellarsi a Roma». In attesa di una schiarita. E dei soldi per funzionare.

Marco Scorzato

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