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Picchia, insulta e ricatta
la consorte ammalata

Il marito minacciava la vittima di portarle via i farmaci
Il marito minacciava la vittima di portarle via i farmaci
Il marito minacciava la vittima di portarle via i farmaci
Il marito minacciava la vittima di portarle via i farmaci

Per un anno e mezzo l’avrebbe trattata peggio di un cane e l’avrebbe usata come un bancomat. Voleva soldi, per coltivare i suoi vizi, e per ottenerli non lesinava le minacce cercando di colpire, in maniera infame, nei punti deboli: lei era malata, e se non gli dava la somma che pretendeva le nascondeva i farmaci. Per porre fine a quell’incubo, che aveva indotto la presunta vittima a tentare il suicidio, il giudice aveva allontanato quel marito violento di casa.

PROCESSO. È iniziato ieri, davanti al collegio presieduto da Miazzi, il dibattimento a carico del cittadino albanese D. Q., 28 anni (le iniziali sono a tutela della moglie malata, altrimenti riconoscibile). L’imputato, difeso dall’avv. Silvia De Biasi, deve rispondere di estorsione aggravata e di maltrattamenti in famiglia. Sua moglie, una vicentina di 40 anni, che oggi abita a Montebello, potrà costituirsi parte civile per chiedere un risarcimento dei danni. L’udienza è stata rinviata di qualche mese; in aula sfileranno i testimoni per fare chiarezza.

MALATTIA. La vicentina da alcuni anni è affetta da una forma piuttosto seria di epatite C, che l’ha debilitata. Per contrastarla, è costretta a ricorrere all’assunzione quotidiana di farmaci. Il marito, dal maggio 2015 al giugno dello scorso anno, in diverse occasioni l’avrebbe minacciata, costringendola a consegnargli in tutto 35 mila euro, dilapidati in spese pazze, tanto che i soldi non gli bastavano mai. L’avrebbe minacciata quasi ogni giorno di morte, o che avrebbe fatto del male a suo padre. L’avrebbe insultata, fra le mura domestiche, con i peggiori epiteti. E, soprattutto, le prospettava l’idea che le avrebbe buttato via i medicinali, fondamentali per sopravvivere. Lei, indebolita e spaventata, gli dava quello che chiedeva.

MALTRATTAMENTI. Non solo. Il giovane albanese avrebbe reso la vita famigliare un inferno, con continui atteggiamenti aggressivi, sia fisici che psicologici. Lei era spaventata, tanto che la procura, che con il pubblico ministero La Placa ha coordinato le indagini dei carabinieri, sostiene che l’imputato le ha causato «una condizione di stabile sofferenza e paura, sottoponendola ad un regime di vita intollerabile». Lui usciva di casa senza dire dove andava, e tornava di notte; la insultava, le sputava addosso, le diceva «non sei capace di fare niente». La invitava a prostituirsi, per guadagnare qualcosa di più, visto che lei lavorava, mentre lui bighellonava tutto il giorno. Il 13 giugno dello scorso anno, rientrato alle 3.30, avrebbe strepitato fino al mattino perché lei non apriva, calmandosi solo all’arrivo dei carabinieri.

TENTATO SUICIDIO. In luglio lei lo denunciò, e quando lui lesse la querela le sputò addosso. L’indomani la insultò al risveglio, perchè «la vecchia», come lui la chiamava, non le aveva preparato il caffè, e la prese a sberle. Quindi se ne andò di casa, dopo averla vista che iniziava a bere. La vicentina, disperata, quella mattina si imbottì di alcol e di farmaci con benzodiazepine per togliersi la vita: a tal punto era giunta la sua disperazione. Fortunatamente venne salvata in tempo, e quando si riprese si decise a raccontare tutto in caserma. Il giudice, su richiesta della procura, nel settembre dello scorso anno lo fece allontanare di casa. La procura ha poi chiesto il rito immediato: D. Q., che si difende dalle accuse, potrà far valere le sue ragioni in tribunale.

Diego Neri

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