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Vicenza

Perdono il lavoro
e abbandonano
la figlia neonata

Culle termiche in dotazione al reparto di pediatria dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. IMMAGINE D’ARCHIVIO
Culle termiche in dotazione al reparto di pediatria dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. IMMAGINE D’ARCHIVIO
Culle termiche in dotazione al reparto di pediatria dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. IMMAGINE D’ARCHIVIO
Culle termiche in dotazione al reparto di pediatria dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. IMMAGINE D’ARCHIVIO

Sara è una bellissima bambina. Ha gli occhi che sono un incanto, le guance paffute. Sara agita le manine come volesse mettersi in vetrina, come volesse dire alle infermiere del nido che se la coccolano: “Guardate che ci sono anch’io”. Un inno alla vita, alla libertà di inventarsi il proprio futuro nel gran mare del Tempo. Ora si assopisce. Sembra di sentire Venditti: “Sara mentre dormivi ti batteva forte il cuore...”.

C'è tempo fino a sabato per conoscere il destino di Sara. La bambina è nata il 22 giugno, la mamma non l’ha ancora riconosciuta.

Al personale della sala parto dell’ospedale San Bortolo ha detto che vuole pensarci. Lei e il papà di Sara, vicentini, hanno grossi problemi economici. Sono senza lavoro, hanno altri tre bambini piccoli. La mamma di Sara, secondo il racconto di chi conosce la loro storia, ha perso il suo impiego proprio perché incinta. E ora i genitori sono davanti a una scelta drammatica, angosciante.

I TERMINI. La legge consente alla mamma dieci giorni per esprimere liberamente la propria volontà e altri sessanta, nel caso per il momento voglia avvalersi del diritto di non riconoscere la propria figlioletta, per ripensarci e sospendere l’iter dell’adozione. L’Ulss, comunque, è pronta ad avviare le procedure previste dalla normativa, cominciando dalla segnalazione al Tribunale per i minorenni, che, appunto, ha l’obbligo di aprire una pratica per l’adottabilità della neonata.

«Siamo in attesa che la madre ci comunichi la sua decisione – dice il primario di pediatria del San Bortolo Massimo Bellettato - . Intanto la seguiamo qui con ogni cura e non le facciamo mancare nulla come assistenza, affetto e calore. È una bambina sana, vivace, simpatica».

Dietro la porta del nido dove Sara ha iniziato il suo viaggio nel mondo assieme a tanti altri piccolini come lei fra gridolini, biberon, vagiti e improvvisi sonni, fra culle e delicati abbracci delle infermiere, una storia drammatica, senza ancora una fine.

Raccontata da qualcuno che sa di Sara e dei suoi genitori, che spera che qualcosa possa accadere perché questa storia possa trovare un “happy ending”, perché Sara un giorno non debba sapere di essere nata nel posto sbagliato. È triste sapere che certe storie esistono soprattutto quando ci siano coinvolti bambini anche se i tempi difficili hanno abituato anche a narrazioni estreme.

SITUAZIONE DIFFICILE. I genitori si trovano nella situazione di dover scegliere se abbandonare la neonata perché entrambi sono disoccupati e con altri figli piccoli a carico. Il futuro per loro è quanto mai incerto, se non interviene qualche elemento a modificarlo drasticamente.

Non solo: secondo chi è a conoscenza della vicenda, alla donna non è stato rinnovato il contratto di lavoro proprio perché si era scoperto che era incinta.

La circostanza, purtroppo non rara, ha portato i genitori a ricorrere alla possibilità di riflettere sul riconoscimento, ma è una decisione che sta pesando moltissimo e che li sta mettendo a dura prova. Un’offerta di lavoro a lei o al marito potrebbe far rinascere la speranza di far rimanere Sara nella sua famiglia d’origine, dove sarebbe cresciuta con l’amore e la dedizione che i genitori hanno riservato agli altri tre figli.

Il conto alla rovescia per il riconoscimento della neonata sta correndo inesorabilmente, i dieci giorni a partire dalla data di nascita, il 22 giugno, scadono sabato. Insomma, è una lotta contro il tempo, ma è ancora tutto possibile. «Non c’è nulla ancora di definitivo – spiega il dottor Bellettato - . La mamma ha solo detto che vuole rifletterci e noi confidiamo che venga a prendersi la sua Sara per portarsela a casa».

Franco Pepe

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