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Vicenza

Ospedale, quanto
rende la libera
professione

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Libera professione. ARCHIVIO
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VICENZA. Compensi per la libera professione intra-moenia, cioè l'attività a pagamento dentro il sistema pubblico. Nel 2017, nel San Bortolo, a riceverli sono stati circa 450 fra primari e medici. Si va da un massimo di mezzo milione a poche centinaia di euro. Dipende molto da reparti e specialità, ma anche da scelte professionali e individuali

 

I COMPENSI DEI PRIMI 50 MEDICI DEL SAN BORTOLO (clicca qui)

 

Il primo in assoluto, con 477.189 euro, è il primario di cardiochirurgia Loris Salvador, trevigiano, 59 anni, che ha aperto nuove vie della chirurgia mini-invasiva. È stato il primo al mondo a inventare e portare a termine un triplo intervento al cuore "a torace chiuso" completamente in endoscopia. Salvador, fra l'altro, in questa graduatoria dei guadagni legati alla libera professione, è al secondo posto nel Veneto alle spalle del veronese Pier Francesco Nocini, 61enne direttore della clinica di chirurgia maxillo-facciale del policlinico universitario di Verona, che in 3 anni ha incassato 2.048.870 euro. Nella top-ten del San Bortolo al secondo posto l'anestesista Angelo Gulino, specialista di epidurale in campo ostetrico con 219.989 euro. Al terzo, Patrizio Cervellini, uno dei più quotati chirurghi vertebrali italiani con 179.865. Quindi, tutti sopra i 100 mila, tre primari - Maurizio Pegoraro, mago della chirurgia plastica e una particolare vocazione per gli interventi al naso; il cardiologo Angelo Ramondo, un interventista a livello europeo al quale si deve il rilancio in tono maggiore del reparto vicentino; il chirurgo pediatra Fabio Chiarenza, altro nome eccellente della specialità in ambito continentale. Poi due dottoresse del team di ostetricia e ginecologia, Annalisa La Rosa e Francesca Panerari; l'otorino Antonio Frisina e l'oculista Paolo Pezzato. Sopra i 100 mila pure il ginecologo Michele Marchesin e il primario di neurochirurgia Lorenzo Volpin, altro gigante della sanità veneta e nazionale.

 

La libera professione si è trovata sotto l'osservatorio della procura e della Regione dopo il caso del ginecologo Pietro Litta - al primo posto come volume di incassi percepiti per l'attività a pagamento dentro la clinica universitaria di Padova - sospeso dall'azienda ospedaliera e indagato dalla magistratura per l'ipotesi di reato di peculato perché ripreso dalle candid-camere di "Petrolio" di Rai 1 mentre chiedeva 2 mila euro a una giornalista-paziente per saltare le liste d'attesa. C'è, poi, la ricorrente polemica di chi protesta perché per una stessa prestazione ci sono spesso, con la prenotazione ordinaria, tempi lunghi di attesa, anche mesi, mentre se si paga si ottiene la visita, l'esame o l'intervento nel giro di qualche giorno.

 

Indubbio, peraltro, che è spesso la qualità dei clinici a richiamare, all'interno di uno scenario normato dalla legge, una domanda che va anche a beneficio dell'Ulss. Inoltre, questi compensi sono calcolati al lordo per i medici-dipendenti, quindi soggetti a imposte e contributi previdenziali obbligatori a loro carico. Non solo, ma su un parcella di 200 euro circa 60 vanno all'azienda, e della quota spettante al medico si decurtano altre 2 trattenute del 5 per cento ciascuna, destinate al fondo Balduzzi per la riduzione delle liste di attesa e a un fondo di perequazione devoluto a chi ha ridotte possibilità di esercitare la libera professione.

 

In ogni caso ci sono regole precise da rispettare per queste prestazioni che si svolgono in rapporto esclusivo con l'Ulss e in ambulatori e spazi messi a disposizione dall'azienda. Lo ribadisce Rocco De Vivo, coordinatore aziendale della Cimo, il sindacato maggioritario dei medici ospedalieri: «L'attività in libera professione è un'opportunità offerta al cittadino-utente di poter scegliere un preciso medico per una prestazione di tipo clinico, diagnostico o chirurgico. Il sistema sanitario nazionale garantisce l'accesso universale alle cure, ma non la possibilità di poter scegliere il medico. La libera professione va svolta al di fuori del normale orario lavorativo, è sottoposta a controlli e va autorizzata dai direttori generali. Può essere, quindi, considerata un valore aggiunto». 

Franco Pepe

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