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Inquinamento Pfas

Ora la Miteni
si autoassolve
«No responsabili»

La Miteni accusata della contaminazione da Pfas
La Miteni accusata della contaminazione da Pfas
La Miteni accusata della contaminazione da Pfas
La Miteni accusata della contaminazione da Pfas

TRISSINO. «Non siamo noi i colpevoli della contaminazione delle acque da sostanze perfluoro alchiliche». È categorico Antonio Nardone, da pochi mesi alla guida di Miteni. Rivendica invece il fatto che è stata l’azienda di Trissino «a sollevare il problema a livello nazionale fornendo preziose informazioni prima al Cnr e poi collaborando con l’istituto superiore di Sanità».

L’amministratore delegato esclude che l’inquinamento possa aver avuto origine dal sito industriale di Trissino. «Nel 2013, in concomitanza con la stesura di una certificazione ambientale, di nostra iniziativa – spiega Nardone – abbiamo eseguito una serie di rilevazioni sul nostro suolo, e abbiamo fornito i dati all’Arpav come prevedono le normative. Le concentrazioni trovate sono state infinitamente più basse di quelle presenti nello scarico industriale. Un dato dunque non correlabile alla presenza di Pfas rilevata in una area così vasta come riportano le cronache».

Per quanto riguarda gli scarichi industriali «Miteni sin dagli inizi degli anni Ottanta – prosegue Nardone - ha conferito nel depuratore consortile di Trissino rispettando tutti i parametri imposti. Cosa esca dal depuratore non è di nostra competenza. Negli ultimi anni, di nostra iniziativa, l’azienda ha investito nel trattamento delle acque e in interventi ambientali oltre 15 milioni di euro». L’azienda, fondata nel 1964 da Giannino Marzotto e ora di proprietà di International Chemical Investors Group, fa inoltre sapere che «Miteni non produce più Pfos e Pfoa dal 2011, e ancora prima i reflui delle lavorazioni erano trattati internamente e poi inviati a sistemi di bonifica esterni. Pfos e Pfoa vengono usati tutt’oggi da oltre 200 industrie del settore conciario e manifatturiero presenti nella zona che li acquistano sul mercato estero, imprese che sono allacciate agli stessi scarichi consortili a cui è allacciata Miteni». Come dire, il dito accusatorio va puntato in altre direzioni. Nardone smentisce infine le dichiarazioni del presidente del Consiglio di bacino, Giorgio Gentilin, sulla disponibilità da parte di Miteni a partecipare alle spese per sanare la contaminazione: «Noi abbiamo offerto la nostra collaborazione tecnica essendo degli esperti di questi prodotti».

Tirato in ballo, il mondo della concia respinge al mittente le insinuazioni sulla sua responsabilità in merito alla presenza di sostanze perfluoro alchiliche in falda. «Sono allibito. Questo accostamento – ha dichiarato il presidente della sezione concia dell’Associazione industriali di Vicenza, Bernardo Finco - è assolutamente inaccettabile dal momento che le concerie non producono Pfos o Pfoa, come invece ha fatto Miteni fino a pochi anni fa. La Miteni vuol coinvolgere un comparto, quello della pelle, che niente ha a che vedere con questa questione. L’autorità di controllo ha tutta la storia di questi anni e sa perfettamente a chi vanno ascritte le responsabilità per i comportamenti del passato. Il danno, che è monitorato da molto tempo, ha una storia e responsabilità inconfutabili. Le valutazioni che Miteni fa a difesa dell’innocenza di questi prodotti sono una chiara ammissione di colpa. La concia non ha niente a che vedere con il problema, non ha tentativi mal riusciti di grigliatura di falda come fatto da Miteni per tentare di rimediare al disastro. Si professano innocenti, loro, i produttori! Minimizzano la pericolosità, loro, che hanno speso già una montagna di soldi per tentare rimedi! Il massimo è che tentano di sdoganare la loro immissione in falda incolpando aziende che non producono e che non scaricano in falda ma in rete da quaranta anni! Basta rivedere tutta la storia dei pfos e la gestione che ne ha fatto chi li produceva».

Giorgio Zordan

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