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Vicenza

Nove colpi di mitra
contro Stacchio
Spararono in due

L’auto in cui ha trovato la morte il bandito Albano Cassol. ARCHIVIO
L’auto in cui ha trovato la morte il bandito Albano Cassol. ARCHIVIO
L’auto in cui ha trovato la morte il bandito Albano Cassol. ARCHIVIO
L’auto in cui ha trovato la morte il bandito Albano Cassol. ARCHIVIO

Almeno tredici colpi: nove sparati dalle armi dei banditi e quattro partiti dal fucile del benzinaio Graziano Stacchio. È quanto emerge dalle analisi degli investigatori del Ris sui reperti recuperati al termine del conflitto a fuoco, avvenuto il 3 febbraio dell’anno scorso a Ponte di Nanto, seguito alla tentata rapina alla gioielleria “Luxo’” di Robertino Zancan.

SPARI DURANTE LA FUGA. Secondo gli inquirenti il commando entrato in azione avrebbe sparato contro Stacchio non solo durante il colpo, ma anche quando l’auto (una Renault Laguna usata per la fuga) si trovava già in movimento. Circostanza che emergerebbe dal fatto di avere rinvenuto, all’interno dell’abitacolo del veicolo, quattro bossoli di kalashnikov. Colpi a cui il benzinaio avrebbe risposto (almeno) quattro volte, una per rispondere al fuoco dei malviventi in fuga.

SPARÒANCHE CASSOL. Per gli esperti del Ris non ci sarebbero dubbi: a fare fuoco, quel 3 febbraio, fu anche Albano Cassol, il bandito rimasto poi ucciso da un proiettile sparato dal “Mauser” di Stacchio. Dagli esami sul suo corpo e sugli indumenti indossati sarebbero infatti emersi numerosi elementi chimici compatibili con l’esplosione di uno o più colpi di arma da fuoco. Cassol, poi, stando alla ricostruzione degli investigatori, potrebbe essere stato ferito mortalmente mentre si trovava ancora fuori dall’abitacolo dell’auto, con la gamba quindi a stretto contatto con la carrozzeria del veicolo. Da qui alcune tracce della carrozzeria trovate nel corpo. Tanto che il bandito potrebbe essere stato addirittura centrato da un colpo di rimbalzo sparato da Stacchio. Una pallottola, quindi, che dopo essere finita sulla vettura si sarebbe conficcata direttamente nell’arto.

COLPI SULL’ABITAZIONE. Sarebbero stati almeno tre i proiettili sparati dai malviventi finiti sulle pareti esterne dell’abitazione-officina della famiglia Stacchio. Uno si sarebbe conficcato a poco meno di 60 centimetri da terra; un altro a quasi tre metri e un terzo a quasi cinque metri di altezza. Sui tre fori lasciati sul muro, i carabinieri del Ris e del nucleo investigativo di Vicenza avrebbero rinvenuto tracce di particelle compatibili con polveri da sparo. Non sempre, però, è stato possibile risalire con certezza alla traiettoria delle pallottole sparate.

ARMA ANCORA DA TROVARE. Il kalashnikov di cui sono stati recuperati i bossoli a Ponte di Nanto non è stato ancora rintracciato. Gli investigatori hanno invece recuperato la “Beretta” semiautomatica trovata addosso a Cassol; un caricatore vuoto e delle munizioni. All’interno della Laguna utilizzata dai malviventi per la fuga, i carabinieri hanno rinvenuto anche numerose impronte biologiche. Tracce di Dna che hanno consentito di individuare quattro diversi profili genetici. Uno appartenente al bandito ucciso da Stacchio; un altro invece sarebbe attribuile a Oriano Derlesi, giostraio veneziano di 52 anni, arrestato dal nucleo investigativo dei militari dell’Arma nell’agosto scorso in un campo nomadi di Pianiga, e tuttora in carcere. Derlesi è accusato di tentata rapina a mano armata e di tentato omicidio. Per la morte di Albano Cassol, dal febbraio scorso, risulta invece ancora indagato Graziano Stacchio. Il benzinaio di Ponte di Nanto è infatti accusato di eccesso colposo di legittima difesa. La sua posizione non è stata ancora archiviata.

Matteo Bernardini

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