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Il delitto di Zanè

«Non rispondete
alla violenza
E ora perdonate»

I parenti della vittima attendono l’inizio della cerimonia
I parenti della vittima attendono l’inizio della cerimonia
I parenti della vittima attendono l’inizio della cerimonia
I parenti della vittima attendono l’inizio della cerimonia

SANDRIGO. I Kari da una parte, stretti, comprensibilmente, al feretro del loro caro Davide. Gli Hudorovic dall’altra, fuori dalla chiesa, ad osservare da lontano la funzione religiosa. Del clan Helt, invece, nemmeno l'ombra. Assenti forse per evitare ulteriori problemi e disordini, forse per ribadire e difendere la loro posizione.

Ad una settimana dall’agguato a colpi di pistola in cui ha perso la vita Davide Kari, di 50 anni, sono stati celebrati ieri nel duomo di Sandrigo i funerali cristiani. Un rito ridotto all’essenziale, senza l’eucarestia ma con la sola liturgia della Parola e la benedizione della salma, officiato da don Emanuele Cuccarollo, parroco di Lisiera, “reggente” a Sandrigo.

Nonostante l’allerta, per il timore di vendette e rappresaglie (la presenza delle forze dell’ordine è stata molto discreta), fosse elevata, la cerimonia si è svolta senza problemi. Parcheggiati davanti al sagrato i quattro camper, i familiari del sinto ucciso dopo un regolamento di conti tra clan nel pomeriggio di giovedì scorso, mentre si trovava nel mini accampamento di via Liguria tra Thiene e Zanè, hanno accompagnato la bara lungo la navata e per tutta la durata della celebrazione vi sono rimasti stretti attorno. Uomini, donne, ragazzi, bambini, persino un neonato: della famiglia Kari non mancava nessuno. A loro si è rivolto don Emanuele invocando, tra le righe, il perdono per gli assassini e invitando a non «rispondere alla violenza con altra violenza».

«Quella di Davide è stata una morte tragica, brutale, violenta, ma ora dobbiamo dire “basta” e ricordare che questo non è un addio», ha sottolineato il sacerdote. Dopo le letture sacre a prendere la parola è stato uno dei nipoti della vittima, che ha letto, a nome di tutti i parenti, una toccante lettera: «Dalla tua morte sentiamo tutti un vuoto terribile, ti hanno portato via da noi all’improvviso. Ti aspettavamo tutti quel giorno, aspettavamo che tornassi a casa come facevi sempre dopo i tuoi soliti giri in città, purtroppo ora sappiamo che non tornerai mai più».

All’origine dell’omicidio, una presunta offesa ad un defunto della famiglia Helt, forse pronunciata da Romilda Kari ma ribadita dal capofamiglia Vianello, anche lui ferito ma ora fuori pericolo. Un’accusa di inaudita gravità nella cultura sinti. Un’offesa che andava lavata, anche con il sangue; e così è stato, al culmine di un violento litigio scoppiato tra i due clan. A fare fuoco una Bernardelli calibro 9, ritrovata dalla polstrada di Bassano subito dopo il delitto. I proiettili hanno colpito entrambi i fratelli all’addome ma se Vianello è riuscito a salvarsi per Davide la recisione dell’aorta addominale, come ha confermato l’autopsia, è stata fatale.

Per il delitto sono stati arrestati Lucia, Davide e Fulvio Helt oltre a Paradise Kari, fratello della vittima che aveva però deciso, essendo sposato con Cristina Helt, di schierarsi nella faida dalla parte della moglie. Quest’ultima, assieme a Carlo Helt, sospettato di essere colui che ha premuto il grilletto, è latitante.

La salma di Kari riposerà nel cimitero di Sandrigo, dove già si trova la madre e dove oggi risiede una folta comunità sinti, in particolare delle famiglie Hudorovic e Maier.

Giulia Armeni

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