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Nel Vicentino

No agli aborti
8 ginecologi su 10
sono obiettori

Aborti e medici obiettori nell'Ulss 6
Aborti e medici obiettori nell'Ulss 6
Aborti e medici obiettori nell'Ulss 6
Aborti e medici obiettori nell'Ulss 6

Una donna di 32 anni, Valentina Milluzzo, muore in ospedale a Catania dopo 17 giorni di ricovero per complicazioni sopravvenute alla diciannovesima settimana di gravidanza, dopo che era riuscita a rimanere incinta grazie alla fecondazione assistita. Morti anche i due gemellini che portava in grembo, forse a causa di un’infezione esplosa alla placenta e poi diffusasi in tutto il corpo della mamma. La famiglia accusa: «Il ginecologo di turno si è rifiutato di intervenire perché obiettore di coscienza “fino a quando – così avrebbe detto - i bambini non sarebbero morti”». Un dubbio che è un macigno. La procura apre un’inchiesta e iscrive nel registro degli indagati 12 medici, i sanitari in servizio nel reparto. Il reato ipotizzato è di omicidio colposo plurimo. Il ministero della salute invia i propri ispettori. Il direttore generale dell’Asl, il primario e i ginecologi dell’ospedale siciliano respingono le accuse. «L’obiezione di coscienza – si difendono – non c’entra. È vero che tutti i medici del reparto sono obiettori, ma la legge prevede che ci si può rifiutare solo per un’interruzione volontaria di gravidanza, non certo per un caso di emergenza e per un aborto terapeutico. Nessuno ha mai pronunciato la frase riferita dalla famiglia».

LA QUESTIONE. Il caso fa rumore in tutta Italia, e ripropone l’annosa questione della possibilità del rifiuto concessa dalla legge 194 dinanzi a una richiesta di interruzione volontaria di gravidanza. Secondo alcuni questa opzione di una legge vecchia quasi 40 anni dovrebbe essere superata nel momento in cui c’è comunque da garantire una prestazione medica. L’obiezione di coscienza resta in ogni caso esclusa quando l’intervento sia indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo, perché un rifiuto equivarrebbe ad omissione di servizio o malpractice. La verità è che in Italia i medici obiettori restano la stragrande maggioranza. Nel Molise sono il 93,3 per cento dei ginecologi, in Basilicata il 90,2, in Sicilia l’87,6, in Puglia l’86,1, in Campania l’81,8, nel Lazio l’80,7.

Nel Veneto sono il 76,2 per cento, quasi 8 su 10. Su 94 ospedali solo 62 effettuano gli aborti. Meno elevata, ma significativa la percentuale degli anestesisti obiettori. La percentuale sfiora il 50 per cento con punte del 79,2 in Sicilia e del 77,2 in Calabria.

IL VICENTINO. Numeri alti pure in provincia di Vicenza. Al San Bortolo sono obiettori 17 ginecologi su 21, 44 anestesisti su 61. All’ospedale di Arzignano 6 ginecologi su 8, 12 anestesisti su 16. Al San Lorenzo di Valdagno 5 ginecologi su 6, 8 anestesisti su 10. Al Milani di Noventa 4 anestesisti su 5. Al San Bassiano di Bassano si dichiarano obiettori 11 ginecologi e 9 anestesisti. All’ospedale di Asiago 3 ginecologi e 4 anestesisti. Insomma l’80 per cento, o pressappoco. Resiste, dunque, l’obiezione. Su tutto il fronte. Anzi, di qualche tempo fa – il caso sollevò un mare di polemiche - il rifiuto a Noventa di una dottoressa del pronto soccorso anche dinanzi alla richiesta da parte di una coppia della pillola del giorno dopo. «Qualcosa di simile a ciò che potrebbe essere avvenuto a Catania – spiega il primario di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Monselice Paolo Tumaini, in passato a lungo in servizio al San Bortolo – è avvenuto anche a me a Vicenza. Io sono obiettore ma non fondamentalista, e quando mi sono accorto che la situazione stava precipitando sono intervenuto. La donna si è salvata anche se è stata ricoverata in rianimazione. L’episodio siciliano è poco chiaro. Forse il medico non ha voluto interrompere la gravidanza e poi non ha usato i farmaci per accelerare l’espulsione del feto. E questo può aver provocato una cogulazione intravasale disseminata. Ma sono solo ipotesi». Perentorio il primario di pediatria Massimo Bellettato: «Davanti all’urgenza l’obiezione non vale. Il medico non può rifiutarsi. Lo dice la legge. Lo impongono la deontologia e l’etica».

Franco Pepe

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