Mantenere i piedi nel mercato “gettando” cuore e qualità oltre le staccionate. In questo caso le staccionate sono i dazi. Ossia i limiti più grandi che impediscono, per esempio, la costruzione di fondamenta solide in un mercato potenzialmente appetibile come gli Stati Uniti.
Certo, per gli imprenditori orafi di casa la carta vincente è «lo stile italiano e la manifattura vicentina». Le parole sono di Roberta Scanavin, cofondatrice nel 1985 dell’omonima azienda. «I mercati esteri vogliono il made in Italy e per questo sono anche disposti a spendere qualcosa in più». Nonostante le tasse di importazione, appunto.
TRA DUBAI E LA CINA. La riflessione di Scanavin è il frutto di decenni di esperienza sui mercati internazionali e dalla specificità produttiva della sua azienda. L’azienda di Sandrigo infatti lavora nella grande distribuzione, «creando collezioni personalizzate per i grandi marchi, in modo che tra loro non ci sia concorrenza. L’80 per cento della produzione prende la via dei mercati esteri. Il restante 20 per cento rimane in Italia», spiega Scanavin.
Interessante è osservare la suddivisione della quota di esportazione dei prodotti. Una “fetta” del 20 per cento vola rispettivamente in Europa e in Cina. Il 40 per cento risponde alla domanda dei Paesi arabi. In questo caso i prodotti transitano per Dubai, una sorta di “filtro”. Da quest’anno l’emiro ha introdotto una tassa di importazione del 5 per cento. Un provvedimento mai visto prima, almeno a quelle latitudini, giustificato dalla necessità di sostenere le spese e welfare statali. Insomma, non si vive di solo petrolio.
In Cina, intanto, è arrivata l’onda lunga delle difficoltà economiche occidentali. «Si sente un po’ di crisi», conferma Scanavin, «anche se è molto diversa rispetto a quella che ha coinvolto il nostro settore tra il 2009 e il 2012».
UN MERCATO, UNO STILE. Va detto che l’intelligenza e la capacità di sostenere il commercio nei mercati esteri «passa dallo studio e da un rapporto fiduciario, umano, con i clienti che si instaura nel tempo e che la digitalizzazione non può sostituire», spiega Roberta Scanavin. La conseguenza è che ogni mercato ha le sue caratteristiche e le sue esigenze. «Il mercato cinese, per esempio, predilige gioielli di piccola fattura, essenziali, non appariscenti - afferma l’imprenditrice -. Diverso il mercato nei Paesi arabi dove il prodotto deve colpire l’attenzione». La filosofia dell’azienda Scanavin è così la sua progettualità, «che inizia con la conoscenza del cliente, passa dallo studio e dalla ricerca e arriva alla creazione. Ovvero alla nascita di qualcosa di “suo”, distinguibile da qualsiasi altra cosa», sorride Scanavin.
VESTITI E GIOIELLI. L’idea di un gioiello come passepartout di un popolo, o quantomeno di parte della sua cultura, è perciò tutt’altro che peregrina. Ed è lo spirito con cui l’azienda Scanavin - specializzata in gioielleria per donne e bambine - affronta le sfide dei mercati esteri così come interpreta le tendenze e i gusti dei clienti. «Molti stanno acquisendo la sensibilità di adattare, anche sotto il profilo della colorazione, i gioielli ai vestiti», spiega Scanavin, «Il che, se ci pensiamo bene, è di fatto un comportamento assolutamente naturale». Così come, al netto delle soddisfazioni, è naturale confrontarsi con i desideri dei clienti. «I quali sono molto esigenti. Sono disposti a pagare ma vogliono qualità, stile e servizi», riflette Scanavin. Caratteristiche, a quanto pare, tutte italiane. Pardon, vicentine.