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La Provincia dei sindaci
alla marcia su Roma
«I soldi, o scuole chiuse»

Al centro Achille Variati, presidente dell’Upi, con i colleghi  al raduno contro i tagli alle Province. ANSA
Al centro Achille Variati, presidente dell’Upi, con i colleghi al raduno contro i tagli alle Province. ANSA
Al centro Achille Variati, presidente dell’Upi, con i colleghi  al raduno contro i tagli alle Province. ANSA
Al centro Achille Variati, presidente dell’Upi, con i colleghi al raduno contro i tagli alle Province. ANSA

Nicola Negrin

INVIATO A ROMA

«Ao’. Ma nun l’avevano cancellate?». La domanda è di un signore che cammina curioso fuori dal teatro Quirino. Lì, in via delle Vergini, ne conta uno, due, quindici, cento, quasi mille amministratori che indossano la fascia blu (alcuni) e quella tricolore (altri). «Sono consiglieri provinciali». «Ma come? Ce stanno ancora?». Già, ma sono «gratuiti»: non pigliano un euro per ricoprire quell’incarico. Quello che non è gratuito, prova a spiegargli qualcuno, è la manutenzione delle scuole, delle strade e la tutela dell’ambiente. Servizi, come vengono generalmente etichettati, che senza soldi-quattrini-fondi o schei, per dirlo alla veneta, possono considerarsi defunti. E Achille Variati lo dice chiaro e tondo ai tantissimi colleghi che è riuscito a riunire a Roma nella marcia-manifestazione “Un taglio che paghi tu” voluta dall’Unione delle Province italiane, di cui il sindaco di Vicenza è presidente, per «raccontare una brutta storia italiana che rischia di diventare drammatica», se il Governo si limiterà «a erogare alle Province una manciata di milioni». «Vi avverto - incalza - che se non arriverà quanto ci spetta sarà scontro. E lo dico con preoccupazione, perché da responsabili diventeremo irresponsabili e non è detto che consentiremo l’apertura delle scuole a settembre».

«BASTA SCHERZI». Il padrone di casa indossa la fascia tricolore «perché la Provincia è la Casa dei Comuni». Certo, l’evento dà spazio a tanti, ma il primo cittadino berico è one man show. Ne ha per tutti, si conquista una serie di 18 applausi, un grido «Grazie presidente» e un commento che arriva dalla balconata: «Ci va giù forte questo qui», dicono due sindaci. E Variati comincia da qui. «Da noi sindaci che abbiamo a che fare con i cittadini: con noi non si scherza». All’avvertimento seguono le rivendicazioni. «Il popolo italiano ci ha confermato con il referendum. Quindi ora basta, basta e basta sparare sulle Province». Niente prese in giro o interpretazioni alla Checco Zalone, per intenderci. «Negli ultimi 7-8 anni si è detto di tutto - aggiunge - eravamo la casta peggiore, quelli considerati sfigati e da guardare con il sorriso. Eppure siamo gli unici amministratori che lavorano gratis. Dico il mio parere? È ingiusto».

LE CRITICITÀ. L’ultimo rumoriano, come lui si definisce (non a caso la sede dell’Upi, dove Variati ha il suo ufficio romano, si trova in piazza Cardelli ed è lo stesso palazzo che ospitava il Gruppo doroteo della Dc, di Mariano Rumor), è un fiume in piena. Altro che democristiano. Le criticità sono sparate con rabbia: dai dipendenti di Crotone e Caserta «che sono senza stipendio» alle «strade colabrodo», agli «edifici insicuri» e ai «ragionieri che devono reggere i servizi tecnici perché non ci sono ingegneri». Nell’elenco anche il calo del 70 per cento degli investimenti: «Secondo qualche burocrate del Mef è un dato positivo, a mio parere è l’indice di incapacità di un Governo». Non la passano liscia i diretti responsabili, a partire dai parlamentari: «Vi dico - ammette il presidente dell’Upi - che se perdete il rapporto con il territorio non servite più». A loro e al Governo si rivolge senza mezzi termini: «Non veniteci a dire che mancano i soldi. Servono scelte». Una su tutte? «Questo bel Paese dei balocchi - continua sorridendo - ha deciso di dare a chi compie 18 anni un bonus di 500 euro. Ma ci rendiamo conto? Ai giovani del Paese dobbiamo dare scuole in grado di non crollare, non un cioccolatino di 500 euro. Così, avremmo già risparmiato 300 milioni, in grado, con altre risorse, di risolvere l’intero comparto delle Province». Non si salva nemmeno «il mio partito», dice Variati, il Pd. «Vanno trovate le risorse, e mi aspetto che si accompagni la mano di chi deve decidere. Mi aspetto dai parlamentari che di fronte ai problemi veri non si girino dall’altra parte, magari inchinandosi al potente di turno che deve dare loro un posto in lista».

IL SALVATAGGIO. La (prima) marcia su Roma dei quasi mille amministratori si conclude con la richiesta e l’avvertimento. Con ordine: «Avviso anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella: è l’ultima occasione per rimettere a posto i conti. Ci sono dieci giorni di tempo per arrivare alla conversione del decreto 50 in legge. Noi abbiamo presentato i nostri emendamenti. Quindi la partita è in mano ai parlamentari e al Governo che sono in grado di trovare le risorse per ragionare in ottica 2017/2018». Conti alla mano, lo squilibrio delle Province ammonta a 541 milioni di euro «ma se ancora una volta pensano di cavarsela, per gli errori che sono stati compiuti, dandoci una manciata di decine di milioni come monetine buttate in piazza, allora la strada presa da tutti noi sarà quella inesorabilmente dello scontro». Variati non la ritiene «una minaccia», ma un «dato di fatto: non saremo più responsabili». E oltre alla chiusura delle strade «potremmo non consentire l’apertura delle scuole a settembre».

TUTTI UNITI. Blu e tricolore sono le tonalità dominanti al teatro, assieme alla luce bianca proveniente dagli smartphone utilizzati da chi (più di qualcuno) perde la concentrazione. Non c’è comunque spazio per gli schieramenti. «Ottimo intervento di Variati - commenta, infatti, a margine il forzista Roberto Cattaneo arrivato a Roma in treno con la delegazione dei consiglieri provinciali guidata da Angelo Macchia - e se si deve chiudere, si chiude». «Se non arriverà quanto ci spetta - concordano in coro i presidenti delle Province di Brescia, Salerno, Latina, Grosseto, Potenza e Barletta - nessuno ci potrà impedire di chiudere strade o scuole». Cosa che, in realtà, a Caserta è già accaduta. «Non ho paura - fa sapere il presidente Silvio Lavornia - di chiudere tutte le altre scuole e pure le strade. Lo faccio con grande coraggio, pronto a guidare la rivoluzione». Mentre Edoardo Bianchi, vicepresidente di Ance, parla di «Paese che non ha bisogno di nuovi interventi ma di manutenzione ordinaria e straordinaria», Rodolfo Moreschi degli studenti medi racconta una scuola «che un giorno presenterà il conto della scarsa manutenzione: ci troveremo a contare i morti sotto le macerie».

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