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Vicenza

Inchiesta chiusa
per BpVi, Zonin
e altri 6 indagati

La Banca popolare di Vicenza
La Banca popolare di Vicenza
La Banca popolare di Vicenza
La Banca popolare di Vicenza

VICENZA. La procura di Vicenza ha chiuso l'inchiesta sulla passata gestione della Banca Popolare di Vicenza. L'avviso è stato notificato a sette indagati più la stessa banca, coinvolta in virtù della legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. Lo comunica la procura di Vicenza in una nota.


Tra gli indagati ci sono l'ex presidente Giovanni Zonin e l'ex direttore generale Samuele Sorato. I reati contestati sono, a vario titolo, aggiotaggio, ostacolo all'autorità di vigilanza e falso in prospetto.

 

Il procuratore della Repubblica aggiunto  di Vicenza, Orietta Canova, riguardo alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari per l’inchiesta sulla Popolare di Vicenza, ha rilevato che seguirà «in un lasso di tempo contenuto, che si confida non superiore ad alcuni mesi, la conclusione delle indagini preliminari in relazione a capi d’imputazione residuali, auspicabilmente in tempo utile per riunirne la trattazione». «Le ipotesi di bancarotta connesse con la liquidazione coatta amministrativa
della Banca appartengono ad una futura analisi di consistenza del reato e, dunque, ad eventuali separate iniziative». 

L’avviso di conclusione indagini è stato notificato, oltre che all’ex presidente, Gianni Zonin, e all’ex a.d e dg, Samuele Sorato, anche all’ex consigliere, Giuseppe Zigliotto, all’ex vice Dg responsabile della divisione mercati, Emanuele Giustini, dell’ex vice Dg dell’area finanza, Andrea Piazzetta, all’ex vice Dg della divisione crediti, Paolo Marin, e al dirigente proposto alla redazione dei documenti
contabili, Massimiliano Pellegrini. I sette ex dirigenti della banca sono indagati per ostacolo
all’attività di vigilanza, aggiotaggio e falso in prospetto. Per i primi due reati viene chiamata in causa anche la banca in liquidazione, indagata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Per quanto riguarda l’aggiotaggio agli indagati viene contestato di aver diffuso «notizie false» e posto in essere «operazioni simulate ed altri artifici, concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione delle azioni Bpvi» e «ad incidere in modo significativo sull’affidamento riposto dal
pubblico nella stabilità patrimoniale» della banca. Sotto accusa la prassi dei finanziamenti concessi ai clienti per la sottoscrizione delle azioni emesse dalla banca «per un controvalore complessivo di circa 963 milioni di euro», spesso accompagnati dall’impegno al riacquisto delle azioni, senza aver iscritto al passivo dello stato patrimoniale un’analoga riserva indisponibile per il ’finanziamentò del proprio capitale. Una prassi non comunicata al mercato, destinatario dunque di «notizie fase», veicolate nei bilanci e nei comunicati stampa, in merito alla «reale entità del patrimonio» e della «solidità»
della banca, nonchè alla «crescita progressiva della compagine sociale» e «al buon esito delle operazioni di aumento di capitale del 2013 e del 2014».
L’accusa di ostacolo all’attività di vigilanza deriva invece dall’aver nascosto alla Banca d’Italia l'esistenza di finanziamenti a terzi per acquistare azioni Bpvi e di lettere di impegno al riacquisto delle azioni, nonchè dall’aver comunicato in più occasioni un patrimonio di vigilanza superiore a quello
reale, fino a un massimo di 963 milioni di euro, oltre all’aver taciuto una serie di comunicazioni sul capitale ’finanziatò. Infine il falso in prospetto è legato ai documenti per gli aumenti di capitale del 2013 e del 2014 in cui, occultando il fenomeno del capitale finanziato, non si dava conto della reale situazione patrimoniale della banca nè della reale liquidità del titolo.

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