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Inchiesta BpVi
Altri tre indagati
per aggiotaggio

La sede della Banca popolare di Vicenza, in via Battaglione Framarin, al centro dell’inchiesta della procura. ARCHIVIO
La sede della Banca popolare di Vicenza, in via Battaglione Framarin, al centro dell’inchiesta della procura. ARCHIVIO
La sede della Banca popolare di Vicenza, in via Battaglione Framarin, al centro dell’inchiesta della procura. ARCHIVIO
La sede della Banca popolare di Vicenza, in via Battaglione Framarin, al centro dell’inchiesta della procura. ARCHIVIO

Si allarga l’inchiesta sulla Banca Popolare di Vicenza. Venerdì la procura ha fatto consegnare dalla guardia di finanza altri tre avvisi di garanzia relativi all’indagine sull’istituto di credito. Due sono stati recapitati ad altrettanti ex consiglieri di amministrazione del cda scaduto il 7 luglio scorso; il terzo invece al dirigente responsabile della redazione dei bilanci della banca. A ricevere l’informazione sono stati gli ex consiglieri Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto, e Franco Miranda, già presidente di Confartigianato Vicenza, dimessosi dal cda della Popolare nel maggio 2015. A questi si aggiunge il nome di Massimiliano Pellegrini, dirigente preposto alla preparazione dei documenti contabili societari. Per tutti le ipotesi di reato su cui sta indagando la procura sono sempre le stesse avanzate fin dall’inizio dell’inchiesta e che sono state esposte a carico dei primi sei indagati: aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Il numero degli indagati, con i nuovi iscritti, sale così a nove.

LA PROCURA. «Stiamo procedendo con le nostre indagini e se incontriamo situazioni che potrebbero prefigurare condotte da perseguire è implicito che si possa ampliare il numero degli indagati», si è limitato a dire ieri mattina il procuratore capo, Antonino Cappelleri. I pubblici ministeri titolari dell’inchiesta non hanno invece voluto precisare quali possano essere i nuovi elementi emersi a distanza di un anno dall’apertura dell’inchiesta, e che hanno portato all’iscrizione sul registro degli indagati dei nomi dei due consiglieri e del dirigente. Secondo indiscrezioni, la notifica dell’avviso di garanzia sarebbe legata alla necessità di acquisire documentazione contenuta nei computer e nei dispositivi digitali mobili della banca in dotazione ai consiglieri.

LA MAXI INCHIESTA. Le persone potenzialmente offese che secondo la procura potrebbero costituirsi parte civile in un eventuale processo a carico di BpVi attualmente hanno raggiunto la soglia delle duemila. Non più tardi di un paio di settimane fa la procura di Vicenza aveva recepito da quella di Treviso un fascicolo con almeno 400 denunce da parte di azionisti che hanno denunciato comportamenti illeciti da parte della Popolare. Un altro centinaio di querele dovrebbero invece venire assorbite in arrivo dalla procura di Udine. Un’altra inchiesta è stata aperta anche dai magistrati di Prato mentre un unico fascicolo (che vede indagato il direttore di una filiale di provincia) è finito sulla scrivania di un pubblico ministero a Padova. «A questo punto - aveva auspicato Cappelleri - la cosa più razionale sarebbe che l’inchiesta facesse capo a un’unica regìa». Ovvero a quella vicentina, dove allo studio dei faldoni stanno lavorando, da quasi un anno, i sostituti procuratori Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori.

L’INDAGINE. L’iscrizione dei tre nuovi indagati avrebbe una ragione “tecnica” ben precisa. Il 21 giugno scorso gli investigatori delle fiamme gialle avevano eseguito una perquisizione nella sede della banca che aveva portato ad acquisire «nuovi documenti» non rinvenuti durante i primi sopralluoghi. Nei giorni scorsi la procura ha deciso di nominare un consulente per scandagliare il contenuto di alcuni iPad dati in uso ai consiglieri di amministrazione della Banca popolare per prendere visione dei documenti. Cosi gli avvisi di garanzia sono arrivati non solo alle sei persone fin da subito al centro dell’indagine, ma anche ad altre tre. Tutto discenderebbe dall’articolo 2638 del codice civile, ovvero quello che indica le figure (componenti del cda, sindaci, revisori) tenute obbligatoriamente a informare gli organi di vigilanza.

Matteo Bernardini

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