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Vicenza

In procura primi
esposti contro
il Fondo Atlante

Un’immagine della sede centrale di Banca Popolare di Vicenza
Un’immagine della sede centrale di Banca Popolare di Vicenza
Un’immagine della sede centrale di Banca Popolare di Vicenza
Un’immagine della sede centrale di Banca Popolare di Vicenza

Ora in procura cominciano ad arrivare i primi esposti anche contro la gestione di BpVi da parte del Fondo Atlante. Un’inversione di tendenza, al momento numericamente non certo significativa come le denunce presentate nei confronti degli ex vertici, che comunque dà la sensazione di come gli azionisti comincino a non sentirsi tutelati nemmeno dai nuovi proprietari della banca. Tanto da arrivare persino a chiedere l’annullamento delle delibere assembleari che hanno approvato il passaggio di gestione. Insomma, per diversi soci nemmeno il nuovo corso li avrebbe tutelati o lo starebbe facendo nelle maniere opportune. Lamentando poi il fatto che il nuovo Fondo ha comperato la banca sborsando qualche centinaio di milioni di euro a fronte di un precedente valore di circa 6 miliardi. E il fatto che Atlante abbia deciso di praticare la strada del muro contro muro nei confronti degli azionisti che tentano di rivalersi per il danno che avrebbero subìto dopo la svalutazione dei titoli, non sembra certo andare nella direzione di placare la rabbia che ormai da mesi sta covando in chi ha visto dissolvere tutto, o quasi, il suo patrimonio.

MEDIAZIONI ADDIO? L’auspicio della procura, manifestato nei mesi scorsi anche dal procuratore capo Antonino Cappelleri, era che a settembre si potessero cominciare ad aprire i primi tavoli di mediazione tra il Fondo Atlante e gli azionisti. Ma a questo punto, la speranza pare davvero farsi sempre più esile. E la sensazione è che i “tavoli” non solo non si “apparecchieranno”, ma che rimarranno ben chiusi. La nuova gestione, così come ha ribadito davanti al tribunale delle Imprese di Venezia nel corso della prima causa di un “grande azionista”, si è difesa sostenendo la piena legittimità di tutte le operazioni deliberate durante la presidenza Zonin. Comprese le cosiddette “baciate” ovvero i finanziamenti propri che la procura, nell’inchiesta coordinata dai sostituti Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi, considera illeciti e che invece i legali di BpVi, almeno in sede civile, definiscono regolari poiché avvenuti in un regime di società cooperativa e non di società per azioni (come invece si è ora trasformata la nuova Popolare).

OSTACOLO ALLA VIGILANZA. La questione relativa al regime in cui sono state eseguite le “baciate” potrebbe ora essere presa in considerazione anche per quanto concerne l’indagine penale. Ma questo, stando alla procura, non sposta il fatto che le operazioni non erano comunque state segnalate a Bankitalia, vale a dire l’organo di vigilanza al quale Banca Popolare di Vicenza era tenuta a informare del proprio stato patrimoniale e finanziario senza mentire. Cosa che al contrario, in base ai pubblici ministeri, avrebbe fatto iscrivendo a bilancio, almeno a partire dal 2013-14, finanziamenti fittizi e dando così, agli occhi di investitori, azionisti e ispettori di vigilanza, un’immagine di sè stessa non corrispondente alla realtà. Intanto, mentre la procura di Vicenza ha iscritto sul registro degli indagati la stessa BpVi in qualità di persona giuridica per responsabilità amministrativa; i pm romani che stanno indagando su Veneto Banca hanno preso una strada diversa. Decidendo di perseguire solo gli ex amministratori e puntando al sequestro dei beni dell’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli. Sequestro che però non andrà a favore degli azionisti.

Matteo Bernardini

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