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I profughi e l’accoglienza
Una provincia spaccata
Porte chiuse in 62 Comuni

È un testa a testa tra il “partito” dell’accoglienza e quello delle porte chiuse il rapporto tra i Comuni vicentini che ospitano i migranti e le amministrazioni che invece nel loro territorio di profughi non ne hanno nemmeno uno. La mappa rende l’idea di una provincia divisa a metà: 59 le municipalità che si stanno confrontando con l’emergenza dei richiedenti asilo, 62 quelle che non portano alcun peso di un esodo che nel Vicentino conta 2.249 presenze. Un numero che è destinato a crescere con l’arrivo previsto di un’altra quarantina di persone, cioè la quota stimata per Vicenza del nuovo contingente di 200 migranti destinati al Veneto.

PRESENZA DISOMOGENEA. Il rapporto tra chi ospita e chi non lo fa, il prefetto Eugenio Soldà ha provato a cambiarlo più volte perché «se ognuno facesse la propria parte, i migranti neanche li percepiremmo». Gli appelli ai sindaci lanciati a ripetizione negli ultimi mesi avevano lo scopo di favorire un’accoglienza diffusa proprio per evitare il panorama frammentario di oggi, con Comuni che scoppiano - tra i quali Sandrigo, Tonezza e Bolzano Vicentino - e altri che, nei programmi gestionali usati in contra’ Gazzolle per tenere traccia della distribuzione dei migranti, hanno le caselle sempre vuote. Quali? Tra i più grandi ci sono Arzignano, Rosà, Lonigo, questi tutti a guida centrodestra. E le conseguenze sono la spina nel fianco di chi ogni giorno dagli uffici governativi della città deve impegnarsi per trovare nuovi alloggi. Che i posti letto siano finiti è una certezza che di giorno in giorno si rinnova. Un esempio è il caso delle 28 donne arrivate martedì. «Per non farle dormire per strada le abbiamo destinate alla parrocchia di San Pietro che le ha accolte ma per una sola notte. Da stasera siamo punto e a capo», diceva ieri mattina il prefetto descrivendo una situazione quotidiana. Quel protocollo invocato da Soldà che stabiliva una quota per ogni Comune a seconda del numero di abitanti, è rimasto lettera morta per la maggior parte dei sindaci, che si difendono assicurando di non avere spazi. Resta però il fatto che se la prefettura individua una struttura, il Comune non può opporsi. O forse sì? Il viceprefetto Massimo Marchesiello nei giorni scorsi aveva segnalato casi di «sindaci che sono andati oltre la loro discrezionalità amministrativa per bloccare strutture». La carenza di alloggi sta portando il prefetto a non escludere l’ipotesi delle «requisizioni di immobili». Un’ipotesi che incassa la condanna di Forza Nuova Vicenza che invita i cittadini «a tenere gli occhi aperti».

LA POSIZIONE DEL SINDACO. Dagli appelli del prefetto a quelli del sindaco che più volte ha bacchettato i colleghi più restii, senza però giocare la carta del ruolo di presidente della Provincia per aprire con loro un tavolo istituzionale. «Potrei riunirli anche domani – spiega Variati – ma il tutto si risolverebbe con l’ennesimo appello all’accoglienza, non dissimile da quello lanciato dal prefetto». Anche i risultati sarebbero uguali. «In realtà – aggiunge – per riprendere il dialogo coi primi cittadini contrari all’ospitalità c’è una condizione che non si è ancora concretizzata». Ovvero? «L’approvazione della legge sulla sicurezza urbana, ferma a Roma da almeno sei mesi. Al capo del governo Matteo Renzi avrei tante cose da dire. Ma la prima che gli chiederei è di sbloccare questa normativa», afferma Variati. Una normativa che, per inciso, offre ai sindaci maggiori poteri. Non ultima la possibilità di firmare provvedimenti tipo daspo. «Oggi – continua – i sindaci devono avere gli strumenti per garantire sia la solidarietà sia la sicurezza. Impensabile l’una senza l’altra». Ai sindaci «servono certezze». E, a quanto pare, la normativa per ora bloccata nelle stanze parlamentari è la classica condizione senza la quale ogni tentativo di dialogo sui migranti tra i sindaci sembra impossibile.

Laura Pilastro Federico Murzio

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