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L’inchiesta

«I fondi furono
gestiti all’insaputa
della BpVi»

L’ingresso sul retro del complesso che ospita gli uffici centrali della Banca popolare di Vicenza
L’ingresso sul retro del complesso che ospita gli uffici centrali della Banca popolare di Vicenza
L’ingresso sul retro del complesso che ospita gli uffici centrali della Banca popolare di Vicenza
L’ingresso sul retro del complesso che ospita gli uffici centrali della Banca popolare di Vicenza

C’è un fax del 20 novembre 2014 con il quale il direttore generale di BpVi Samuele Sorato invita il gestore del fondo Optimum M2 a deviare tutta la corrispondenza diretta alla banca all’ufficio legale lussemburghese Bonn Steichen & Partners. Qual è il motivo di questo “dirottamento”?

È anche sulla base di questa lettera “misteriosa” che il Cda della Popolare sostiene che da parte del top management ci fosse la volontà di tenerlo all’oscuro della gestione operativa degli investimenti eseguiti tra l’autunno 2012 e il giugno 2013 per 350 milioni di euro, che stavano generando una perdita di almeno 92 milioni di euro. Per questo motivo Francesco Iorio a giugno 2015 dopo essersi insediato in via Battaglione Framarin e analizzato il dossier fondi, sul quale nel frattempo si è concentrato l’interesse anche del team ispettivo della Bce guidato da Emanuele Gatti, spiegherà al pm Luigi Salvadori che quella dei fondi Optimum M1, M2 e Athena che fanno riferimento ad Alberto Matta e Raffaele Mincione, è una «vicenda che lascia inevitabilmente perplessi».

Iorio parla di “opacità” lasciando intravedere scenari di ben altro tipo, sui quali sta indagando il procuratore capo Cappelleri, che non è escluso abbia avviato rogatorie internazionali per capire quali fossero i rapporti tra Sorato e quello studio legale del Lussemburgo.

«Il dott. Sorato ha agito nel rispetto del mandato e non vuole passare per capro espiatorio. Ha informato correttamente l’istituto», ribattono i suoi avvocati Francesco Rossi e Fabio Pinelli, che lo difendono in sede civile e penale dalle accuse di aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza.

La BpVi la scorsa estate con gli avvocati Stefano Trifirò, Franco Bonelli (poi mancato a fine agosto) e Fabio Sebastiano aveva avviato una causa civile con richiesta di sequestro conservativo per 92 milioni di euro contro il dg Sorato e i vice Andrea Piazzetta ed Emanuele Giustini. Il giudice del lavoro Campo però l’ha respinta riguardo a Sorato perché, trattandosi di un’azione di responsabilità per mala gestio, la competenza è del Tribunale delle imprese di Venezia. Ma da allora non c’è stato alcun altro passo, in attesa dell’evoluzione dell’inchiesta penale. Lo stesso giudice accogliendo l’opposizione di Piazzetta e Giustini ha scritto che «quanto alla prospettata violazione degli obblighi di informazione concernenti questi investimenti, va rilevato che dai documenti prodotti emerge che gli investimenti nei fondi Optimum e Athena erano comunicati al Cda». È sul tipo di informazione, però, che la battaglia è aperta. L’avv. Davide Proverbio di Milano per conto di Piazzetta ha contestato la tesi che la banca fosse stata tenuta all’oscuro ed ha prodotto i verbali del Cda del 28 aprile, 12, 15 e 27 maggio 2015. Il giudice in base ai documenti depositati respinge la contestazione di BpVi, ma non c’è dubbio che l’acquisizione, se non è già stata fatta, dei documenti originali esistenti in Lussemburgo, potrebbe dare al caso una coloritura diversa in un’altra sede giudiziaria.

Il giudice Campo, da parte sua, sottolinea la circostanza che i tre manager (Sorato, Piazzetta e Giustini) non sono stati licenziati, ma sono usciti da BpVi nel maggio 2015 con contratto di transazione in sede conciliativa nei quali BpVi dà loro atto del lavoro svolto. Come dire, il comportamento dell’istituto sarebbe dovuto essere più coerente.

Tuttavia, la banca sostiene che Sorato ha attuato una sorta di gestione parallela per non mettere il Cda in condizioni di valutare bene la tipologia di investimento in fondi speculativi, in ordine al quale Gatti, ispettore Bce, quando venne sentito dagli inquirenti, disse che dalle carte emergeva che «il Cda ha deliberato una delega generica a Sorato e al vice Andrea Piazzetta per l’investimento in fondi speculativi per un importo, se ben ricordo, non superiore a 450 milioni di euro».

L’“opacità” dei finanziamenti è anche data dal fatto che finanziamenti così ingenti sono andati a premiare per oltre 100 milioni gruppi, come quello di Marchini, Fusillo e Degennaro, già esposti pesantemente con la banca, per di più operanti in un settore come quello immobiliare che è tuttora bersagliato dalla crisi. Insomma, i tre fondi che di fatto erano esclusivi (ovvero di totale proprietà di BpVi) hanno acquistato obbligazioni di società in difficoltà. Ma il mandato del Cda guidato da Zonin era di acquisire fondi di liquidità stabile a condizioni competitive; e in realtà è servito anche per l’acquisto e il riacquisto di azioni proprie per 55 milioni. Se poi si aggiungono i 48 milioni di euro «impiegati - come ha detto Gatti agli inquirenti - per l’acquisto di azioni della società lussemburghese Dynex che non presenta bilanci da alcuni anni e non sembra operativa», solo dalle rogatorie in Lussemburgo gli inquirenti potranno fare chiarezza su chi sapeva, e cosa.

Ivano Tolettini

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