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Vicenza

Guerra del panino
nelle scuole
«Mense meno care»

Allievi in fila per il pasto in una mensa scolastica. ARCHIVIO
Allievi in fila per il pasto in una mensa scolastica. ARCHIVIO
Allievi in fila per il pasto in una mensa scolastica. ARCHIVIO
Allievi in fila per il pasto in una mensa scolastica. ARCHIVIO

Piuttosto di dare il via libera al panino meglio ridurre le porzioni e abbassare i costi delle mense. È una delle ipotesi che si sta facendo strada tra i dirigenti vicentini per dare una risposta alla questione ancora aperta del panino portato da casa. Una patata bollente che sta infiammando l’inizio dell’anno scolastico. Da una parte le famiglie che, incoraggiate da una sentenza del tribunale di Torino, si appellano alla libertà di decidere quanto spendere e come alimentare i propri figli, dall’altra le scuole a rivendicare il valore educativo del mangiare assieme un pasto che dal punto di vista nutrizionale è studiato a tavolino.

«Il tema è delicato - spiega Luisa Basso, dirigente del comprensivo 3, portavoce dei presidi degli istituti comprensivi della città -. La mensa ha una doppia valenza perché è un momento in cui gli alunni pranzano insieme imparando a rispettare le regole, a stare seduti a tavola e cominciare ad assaggiare le verdure imitando il compagno. Nello stesso tempo hanno modo di consumare piatti bilanciati e preparati secondo le linee guida di un’alimentazione corretta. Comprendo che per alcune famiglie che hanno figli al tempo pieno il costo della mensa può rappresentare un onere, ma il panino non ci sembra la soluzione giusta, semmai si potrebbe pensare di sostituire la multiporzione col piatto unico che avrebbe un costo inferiore. In alcune scuole lo si fa già». Una pasta con le verdure o un secondo seguito dalla frutta invece di tre portate potrebbe far scendere il buono pasto dagli attuali 4,50 euro a circa tre euro. In questo modo il servizio mensa verrebbe a costare meno dei 90 euro mensili che spende una famiglia. «Speriamo di mantenere questa organizzazione per tutti - continua Basso -. La commistione tra panino e pasto tradizionale creerebbe confusione e discriminazioni. Impensabile poi creare spazi alternativi per chi si porta il cibo da casa».

Ma a remare contro il panino ci sono anche ragioni igienico sanitarie. Cosa succede se un bambino assaggia la rosetta al prosciutto portata da casa del compagno e manifesta un’allergia o un qualsiasi disturbo? Di chi è la responsabilità? «Il cibo servito in mensa è controllato - fa notare Angiola Vanzo, direttore del servizio Igiene alimenti e nutrizione dell’Ulss 6 -, diversamente da tutto ciò che arriva da casa. Capisco che il panino può essere una soluzione comoda ed economica per le famiglie, ma come Ulss non possiamo avallarlo perché rappresenta un modo di mangiare non equilibrato».

«La querelle sarà al centro di un confronto tra Anci e Cittadinanza attiva voluto dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini», interviene la deputata del Pd, Daniela Sbrollini che annuncia un’interrogazione in merito e sottolinea che «per evitare situazioni di anarchia i Comuni vanno aiutati economicamente in modo che la mensa possa diventare un diritto per tutti».

Anna Madron

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