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Vicenza

Via la moschea
da San Felice
«Va trasferita»

Il centro culturale islamico di via dei Mille, i residenti tornano all’attacco e chiedono il trasferimento
Il centro culturale islamico di via dei Mille, i residenti tornano all’attacco e chiedono il trasferimento
Il centro culturale islamico di via dei Mille, i residenti tornano all’attacco e chiedono il trasferimento
Il centro culturale islamico di via dei Mille, i residenti tornano all’attacco e chiedono il trasferimento

VICENZA. È stato il primo centro culturale islamico sorto in città. E stiamo parlando degli anni Novanta e di via dei Mille. All’inizio c’era un piccolo locale pieno di tappeti dove molti stranieri si trovavano per pregare, poi con gli anni si sono aggiunti altri immobili. Oggi sono quattro le saracinesche che chiudono le vetrine su una piccola strada, con un senso unico di marcia e dove anche una bicicletta appoggiata male può creare problemi alla circolazione stradale. Figuriamoci quando ci sono decine di persone che, in particolare il venerdì giorno di preghiera per i musulmani, arrivano, si tolgono le scarpe, spesso lasciandole anche lungo il marciapiede come alcuni residenti hanno sottolineato.

Una piccola moschea, in quale altro modo definirla? Incastrata tra le case, i palazzi, i negozi, molti dei quali sono stati costretti a chiudere vuoi per la crisi, vuoi per gli assembramenti che si creavano. Vuoi per le proteste. Microfoni ad alto volume dai quali uscivano preghiere, prediche, sermoni che molte volte hanno creato problemi, al punto che la polizia municipale è intervenuta su richiesta dei cittadini.

Nell’aprile dello scorso anno, sul tavolo del sindaco Variati arrivò una petizione con decine di firme: da via dei Mille si chiedeva il trasferimento del centro islamico in una zona più appropriata, lontano da dove si trova ora.

«Ci sono troppe persone - sottolinea ancora oggi chi vive accanto al centro di preghiera - senza dimenticare che all’interno cucinano, fanno dormire persone che al mattino presto se ne vanno trascinandosi trolley e valigie. Al sabato ci sono spesso bambini, probabilmente faranno lezione, ma non sappiamo nulla. Non abbiamo contatti con loro. E pensiamo che prima di garantire la libertà religiosa vada tutelata la libertà dell’individuo, cioè la nostra. In alcuni momenti non possiamo nemmeno passare lungo la strada e dopo quanto accaduto a Parigi aumentano paura, preoccupazione, inquietudine. Non vogliamo dare giudizi, ma basarci su quanto ci era stato promesso: quel luogo doveva essere spostato. È trascorso un anno e mezzo e nulla è cambiato». In Italia - ha ricordato nei giorni scorso il ministro dell’Interno Angelino Alfano - ci sono quattro moschee e oltre 800 luoghi di culto musulmano. «Chiuderemo tutto ciò che è abusivo e irregolare. Il provvedimento - ha sottolineato il ministro - non è per impedire le preghiere, ma per fare in modo che avvengano in luoghi che siano in regola dal punto di vista di tutte le autorizzazioni previste dalle nostre leggi». E che su via dei Mille sia tutto in regola lo ha sostenuto l’assessore all’edilizia Filippo Zanetti ancora nel giugno del 2014. «Gli ambienti sono regolari dal punto di vista edilizio, nel 2001 venne rilasciato un permesso per costruire dopo un cambio di destinazione d’uso, da negozio ad attività culturale. E nel 2007 ci sono stati altri interventi».

E poi la promessa di far spostare il centro cercando un luogo più idoneo anche con l’aiuto della comunità musulmana che non rientra all’interno del Consiglio islamico. «Non rappresenta comunque un obbligo - dice il presidente Hassen Darwich -, di via dei Mille sappiamo poco, molti di loro arrivano dal Bangladesh, ma non significa nulla».

Intanto l’assessore all’edilizia Filippo Zanetti afferma: «Non abbiamo novità sostanziali. Gli islamici che frequentano il centro sono sempre meno. I controlli eseguiti nell’ultimo anno non mai segnalato nulla di particolare. Stanno cercando una sistemazione alternativa e il Comune con loro, però non è semplice. Intanto non abbiamo concesso più permessi a realtà simili e nessuno dei residenti si è fatto sentire. Almeno con noi». Per loro resta la promessa del 2014.

Chiara Roverotto

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