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Vicenza

Due biovalvole
al cuore: salvato
in extremis

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Il paziente non poteva essere operato con le tecniche tradizionali
Il paziente non poteva essere operato con le tecniche tradizionali
Il paziente non poteva essere operato con le tecniche tradizionali
Il paziente non poteva essere operato con le tecniche tradizionali

VICENZA.  Eccezionale intervento di cardiologia al San Bortolo. Due speciali biovalvole, costruite con tessuto di bovino o suino, acquistate ad hoc, la prima aortica, la seconda mitralica, sono state impiantate una dopo l’altra su un paziente di 84 anni ad altissimo rischio, che non era in condizioni di affrontare un’operazione a cuore aperto tradizionale. Nel Veneto è la prima volta. In Italia si sa di una procedura del genere al San Raffaele di Milano, ma non con le protesi con palloncino ad autoespansione usate a Vicenza. Protagonista di questa straordinaria performance il primario di cardiologia Angelo Ramondo, che si conferma uno degli specialisti-top italiani ed europei del settore. L’uomo, che abita ad Arzignano, era ricoverato in ospedale per una grave forma di scompenso cardiaco. Anni fa era stato operato dai cardiochirurghi vicentini del reparto diretto da Loris Salvador, che gli avevano corretto l’insufficienza mitralica di cui soffriva con una plastica, una sorta di anello semirigido, al posto della valvola malata. La protesi, però, con il tempo, è degenerata. È così ricomparsa l’insufficienza, alla quale si è associata una pesante stenosi aortica. Insomma, un cuore ormai allo stremo. La mitrale è la valvola che permette al sangue di passare dall’atrio al ventricolo solo in un senso, ma, quando i lembi non sono in grado di chiudersi completamente, il flusso in parte torna indietro, e la patologia, in presenza di scompenso cardiaco, mette a rischio la vita del paziente. La stenosi aortica è, invece, un restringimento della valvola situata fra il ventricolo sinistro e l’aorta. Il sangue non riesce più a passare normalmente, la quantità si riduce, e il cuore si dilata progressivamente. Ramondo si consulta con il collega Loris Salvador, e, poi, in stretta collaborazione con lui, considerando l’età del paziente e il rischio troppo elevato connesso a un nuovo intervento chirurgico a cuore fermo, decide di percorrere la via meno invasiva. Niente, dunque, apertura del torace e circolazione extracorporea. Le nuove valvole vengono inserite per via transcatetere a cuore battente da un heart team composto dal primario Ramondo, dai cardiologi Giovanna Erente, Flavio Mistrorigo, Roberto Zeppellini, dal personale infermieristico di emodinamica. L’intervento prevede che lo sterno venga diviso e il pericardio aperto. Il paziente, in anestesia generale, viene collegato alla macchina cuore-polmone, e, poi, si sostituiscono le valvole con protesi biologiche. In questo caso non c’è bisogno di addormentare l’anziano. Basta una sedazione profonda. Prima fase: la protesi aortica. Con la tavi, che sta per “trans aortic valve implantion”. Una semplice puntura dell’arteria femorale che si trova a livello dell’inguine. Poi, il dott. Ramondo, sotto guida radiologica, lancia un catetere a palloncino, dotato di stent, un tubicino fatto di una reticella metallica, meno di mezzo centimetro di diametro, su cui è montata, “crimpata”, cioè compressa per poter essere inserita, la protesi. Quindi, il primario fa risalire il catetere verso il cuore fino alla valvola aortica. Infine, con una soluzione fisiologica, gonfia il palloncino in modo da dilatare la valvola aortica e fare spazio alla protesi artificiale. Secondo step: la protesi mitrale. La puntura, questa volta, sulla vena femorale. Stessa tecnica. Il catetere penetra dall’atrio destro a quello sinistro. Ramondo pratica un foro nel setto interatriale e, attraverso questa cavità, inserisce lo stent con il pericardio biologico cucito all’interno del cestello metallico. Il palloncino si apre dilatando la valvola usurata, che quindi non viene rimossa, ma ora funziona come superficie di ancoraggio per la protesi. L’intervento dura 2 ore. Il cuore riprende a pompare regolarmente. L’anziano sta bene. Per lui, altrimenti inoperabile, rischi ridotti a zero, una più pronta convalescenza, e meno possibilità di complicanze. 

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