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Vicenza

Dolcetta: «Cerco
soluzione per i soci
BpVi penalizzati»

L'ultima volta che Stefano Dolcetta aveva messo piede in questo ufficio, al 5° piano della sede BpVi di via Framarin, era stato per perorare la causa della Fiamm. «Era il 2007 - ricorda in questa che è la sua prima intervista da presidente della Banca Popolare di Vicenza - avevo da poco preso in mano le redini del gruppo e dovevo presentare ai vertici della banca il piano industriale studiato per salvare l’azienda. Venni ricevuto qui da Gianni Zonin e ricordo che c’era anche Samuele Sorato».

Zonin è stato per quasi vent’anni un presidente, diciamo così, molto attivo, operativo. Lei che presidente sarà?

Sgombriamo subito il campo da dubbi ed equivoci: qui il capo azienda, il responsabile operativo è l’amministratore delegato, Francesco Iorio. Io farò, appunto, il presidente, guiderò il Cda e non mi sognerò certo di intromettermi nella gestione.

Che idea aveva di BpVi prima di accettare di diventarne il presidente?

Io la conoscevo come cliente e apprezzai il modo in cui venne gestito il rilancio della Fiamm. BpVi ci credette e fece bene il suo mestiere.

Da allora sono cambiate tante cose. Ora serve un miliardo e mezzo di capitale, si dovrà trasformare in spa e quotare in Borsa. Come pensa sia stato possibile arrivare a questo punto?

La sensazione che ho avuto è che la governance di una banca popolare cooperativa fosse diventata obsoleta e non consentisse più una gestione efficiente. Le popolari non hanno avuto la forza e la capacità di riformarsi da sole. Avrebbero, per esempio, potuto e dovuto far scendere il prezzo delle azioni in maniera più graduale. Hanno perso l'occasione.

Da questo si capisce che il compito che l’attende non sarà semplice. Spaventato?

No, solo consapevole che i tempi sono cambiati. La Popolare di Vicenza, con quasi 30 miliardi di attivo e oltre 5.000 dipendenti, non può essere governata come una cooperativa. Ora stiamo andando sul mercato a chiedere risorse e fiducia con una strategia chiara e con la guida affidata a un vero professionista. Ma la struttura che ho trovato mi fa dire che, una volta che sarà diventata una spa quotata, questa banca avrà un futuro straordinario.

Vicenza non ha nessuna società quotata. Fiamm, che era una delle candidate più corteggiate, ha sempre scelto di restare fuori dalla Borsa. Ora lei dovrà condurre BpVi a piazza Affari. È davvero convinto?

Sono due logiche diverse. Qui c’è una necessità di fare un aumento di capitale importante, un miliardo e mezzo, che sicuramente non potrà essere coperto per intero da soci, vecchi e nuovi, del Vicentino. Fiamm, invece, non aveva problemi finanziari. Semmai aveva, e ha, problemi su come approcciare le tecnologie nella globalizzazione. Problemi che si possono risolvere, e che si risolveranno, con un’alleanza con un partner industriale.

E BpVi non ha bisogno di un partner, di un’alleanza, di una fusione?

La priorità ora è quella di raccogliere un miliardo e mezzo. E siccome i privati, da soli, non basteranno, c’è bisogno di fare affluire risorse anche da fondi che credono nel nostro progetto.

Anche stranieri?

Certo, anche americani, tedeschi, inglesi. Parlo di fondi che non investono se il capitale non è poi facilmente liquidabile. Per questo dico che è un’utopia pensare che si possa fare l'aumento di capitale senza andare in Borsa.

E poi? BpVi resterà da sola o si unirà ad altri?

Il piano già approvato dal Consiglio non esclude alcuna ipotesi. Per capirci, BpVi potrebbe ritagliarsi uno spazio geograficamente più limitato, diciamo ristretto al nord, e rimanere tranquillamente da sola.

Se però volesse continuare a recitare un ruolo nazionale...

In questo caso è difficile pensare che ce la faccia da sola. Ma, ripeto, adesso bisogna lavorare solo per portare a casa l’aumento di capitale.

In questi mesi si è parlato molto di banche del territorio. Sono ancora irrinunciabili?

Io sono convinto che ciò che interessa gli azionisti sono i dividendi e gli incrementi di valore: e io sposo la strategia che porta più valore. Dobbiamo ragionare così. Il futuro sarà meno romantico ma la funzione delle vecchie banche cooperative è finita.

Ma i vecchi soci rischiano di pagare per tutti. Avete pensato a eventuali incentivi per loro in occasione del prossimo aumento di capitale.

La prima cosa che bisogna fare è salvare la banca. E questo tutela tutti. Poi chi ha i fondi per sottoscrivere avrà l’opportunità di mediare i prezzi di carico, magari con un incentivo. Per chi invece non ha le risorse, stiamo cercando una soluzione alternativa. Iorio ci sta lavorando: di più per ora preferisco non dire.

A proposito di Francesco Iorio. Lei ha accettato l’incarico dopo aver parlato con l’amministratore delegato. Ma com’è nata la sua candidatura? Lei è l’espressione di una delle associazioni di soci che si sono formate recentemente?

No, io sono espressione di me stesso. A chiedermi ufficialmente di prendere il suo posto è stato lo stesso Zonin. Io ho parlato con Iorio per capire meglio il suo piano e poi ho accettato.

Quindi con Iorio la pensate allo stesso modo? O qualche volta gli fa da contraltare?

All'inizio lo vedevo più rigido sulla questione dei soci. Ma entrambi sappiamo bene che i soci sono anche correntisti, clienti, ed è interesse di tutti rimanere insieme. Anche il vice di Iorio, Iacopo De Francisco, ha le idee chiare per il commerciale.

Lei dice ai soci di avere fiducia. Non è facile dopo tutto quello che è successo...

Non è una fiducia campata in aria. Se ho accettato di imbarcarmi in quest’avventura è perché ci credo. Il fatto che ci sia un imprenditore vicentino che ci mette la faccia è importante. Se fosse arrivato uno da Milano non sarebbe stato un bel segnale.

Avrà un problema di gestione del tempo: riuscirà a fare il presidente di BpVi e al contempo di ad di Fiamm? Senza dimenticare il suo ruolo di vicepresidente di Confindustria...

Beh, Confindustria non è più un problema. Come sapete ho ritirato le dimissioni, ma solo perché ormai il mandato volge al termine. Di fatto vado a Roma solo una volta al mese. Sono troppo in disaccordo con la gestione di Giorgio Squinzi, che pure stimo tantissimo come imprenditore.

Resterebbe la Fiamm. Che è pur sempre un gruppo che fattura 600 milioni, ha 12 stabilimenti e impiega tremila persone...

La Fiamm è un’azienda molto ben struttura con manager dotati di ampia autonomia. In questo passaggio cruciale sono fortunato di avere un amico e un validissimo manager come il presidente Zanetti: lui si occuperà di più di finanza straordinaria.

Finanza straordinaria vuol dire forse cambio di proprietà?

Il gruppo è arrivato a un punto in cui deve pensare il suo futuro in modo diverso. A livello dimensionale deve fare un passo avanti netto attraverso alleanze con altri gruppi per recitare un ruolo a livello globale. Noi azionisti non dobbiamo pensare ad un’azienda che rimanga nel cortile di casa ma dobbiamo essere disposti ad accettare una certa diluizione del capitale in una realtà globale internazionale. Altrimenti rischieremo di finire male.

Più o meno la stessa logica che segue la Popolare.

La logica è quella. È importante fare sinergia.

In questi mesi di BpVi e dei suoi passati dirigenti si è parlato tanto e male. Qual è la sua sensazione di fronte a tutto quello che si è detto sulla banca?

Non credo di aver letto cose simili su Deutsche Bank che perde 6 miliardi in 3 mesi e di Unicredit che lascia a casa 18 mila persone... È evidente che ci può essere qualcuno interessato a portare a casa una banca simile per poche briciole. Io dico però che se la banca è in queste condizioni vuol dire che qualcosa non ha funzionato: è mancata la trasparenza con gli azionisti e noi dobbiamo recuperare. Dobbiamo avere il coraggio di dire le cose come stanno: c'è qualcosa che non va e lo mettiamo a posto. Questa banca lo merita, ha la forza per farlo. Vent’anni fa era una banca piccola, quasi insignificante, ora è una banca di livello nazionale.

I primi a pagare dazio sono però i dipendenti. Cosa si aspetta da chi è in prima linea nelle filiali?

Ai dirigenti ho detto che in Fiamm ho vissuto un’esperienza simile e poi, tutti insieme, l’abbiamo rilanciata. Conto di ripetere questa esperienza. Qui la reazione può essere anche più veloce. Mi rendo conto che per i dipendenti non è facile sentirsi messi sotto accusa. Li aiuteremo a ritrovare l'orgoglio di lavorare per questa azienda.

Il passato però pesa ancora. Lei che giudizi ne dà?

Ci sono molti, troppi che giudicano, spero che ne abbiano titolo. Credo che - eventualmente - l'unica che possa dare giudizi sia la magistratura. Detto questo, basta guardare ai numeri del bilancio per capire che sono stati commessi degli errori.

L’uscita di scena di Zonin non è stata quella che lui si immaginava.

Non posso dire di conoscerlo bene: non ci siamo mai frequentati assiduamente. Comprendo la sua delusione e mi ricorda quella che ha vissuto mio zio Francesco, costretto a lasciare la Fiamm per beghe familiari. Anche lui uscì con amarezza, sia pure senza strascichi giudiziari.

Torniamo al futuro e all’aumento di capitale. Quante possibilità ci sono per la costituzione del polo bancario veneto? L’alleanza con Veneto Banca, per essere più espliciti, è una possibilità concreta?

L'unico obiettivo, ripeto, è quello di aumentare il valore delle azioni e i dividendi: la questione geografica è secondaria. Non ha senso oggi fare la banca della Serenissima. Se la fusione con Veneto Banca non porta con sè troppe sovrapposizioni, se non devo chiudere filiali e mi dà valore aggiunto, perché non farla? Ma se invece un’aggregazione, faccio un esempio a caso, con il Credito Valtellinese si dimostrasse più conveniente, allora sceglieremmo quella.

La priorità è l'interesse dell'azionista...

Sembra una banalità, ma prima non era scontato. Il mondo di oggi ragiona così. I fondi, penso, dovranno metterci 700-800 milioni.

Pensa che i soci privati, diciamo così, non arrivino al miliardo?

Lo spererei, ma bisogna essere realisti.

Cariverona ha fatto capire di essere interessata...

Cariverona ragiona come i fondi. E ci sono anche altri investitori finanziari locali che vogliono investire.

Lei consiglierebbe l’investimento?

Io non lo potrò fare perché sono presidente, ma se potessi direi a mia moglie di investire.

A che prezzo?

Il prezzo sarà oggetto del book building. L’interesse dei collocatori è di portare le azioni in Borsa al prezzo più basso possibile per regalare maggiori opportunità agli investitori.

Ma questo non è certo l’interesse dei vecchi soci...

Più l’aumento di capitale sarà sottoscritto dai soci che ne hanno diritto, più alto sarà il prezzo di partenza in Borsa.

Ha già un’idea di quanti soci, tra grandi e piccoli, daranno ancora fiducia alla Popolare di Vicenza?

A parole adesso molti grandi soci dicono di voler mettere i soldi. Ma li potremo contare solo alla fine.

Ce ne sono molti che hanno il non trascurabile problema di avere comprato azioni con i finanziamenti correlati. Come pensate di risolvere questa grana?

So che Iorio e gli altri dirigenti stanno già affrontando il problema con i soci interessati. Mi auguro che si riesca a trovare una soluzione, fermo restando che non ci potrà essere alcuna diversità di trattamento tra singoli soci. È chiaro che un’intesa con i più importanti soci finanziati aiuterebbe tutti.

Ha già cominciato a essere tirato per la giacchetta?

A chi ci ha provato ho ricordato che sono un venditore di batterie. Se uno pensa di avere un problema, venga in banca e troverà qualcuno disposto ad ascoltarlo.

Intanto Iorio ha già cominciato a chiudere filiali. Lei è d’accordo?

Detto che il piano industriale è stato approvato dal Cda, penso che chiunque abbia un negozio in cui non entra nessuno faccia bene a chiuderlo.

Dai primi contatti che ha avuto con la Bce che idea si è fatto? È colpa di Francoforte se siamo arrivati a questo punto?

No. L’immagine della Bce che punisce le banche italiane non corrisponde al vero. Diciamo che a Francoforte stanno imponendo delle regole per garantire una gestione più sicura per i correntisti, con una governance più semplice e chiara.

Vi sceglierà anche gli alleati, le banche da “sposare”?

Non credo sia questo l’obiettivo. Fra le banche tenute sotto controllo dalla Bce, parecchie sono più piccole della BpVi. Una volta fatto l'aumento di capitale supereremo i parametri patrimoniali previsti e saremo liberi di decidere se e con chi sposarci.

Ma lei per quanto ha intenzione di rimanere presidente?

Una volta trasformati in spa e una volta portato a termine l’aumento di capitale, entro il prossimo aprile, saranno i nuovi soci di riferimento a scegliere Cda e presidente.

Suo bisnonno Antonio è stato direttore generale di BpVi dal 1881 al 1905, 24 anni in tutto, Zonin è stato presidente per quasi vent’anni. Difficile pensare che lei rimanga solo pochi mesi...

Eppure i prossimi cinque mesi saranno fondamentali. Io sarei davvero soddisfatto se riuscissi a portare a termine con successo l’aumento di capitale mettendo in sicurezza la banca. È una sfida impegnativa. E il compito più difficile ce l’ha Iorio.

E se le dicessero che in palio ci fosse la riconferma?

No, in palio c’è il futuro della banca. Certo, se tutto andasse bene, non nascondo che sarei orgoglioso di poter diventare il primo presidente della Popolare di Vicenza spa.

Marino Smiderle

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