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Vicenza

Diocesi, persi
1,6 milioni in BpVi
Arriva la “cura”

I soldi della diocesi
I soldi della diocesi
I soldi della diocesi
I soldi della diocesi

Il percorso di trasparenza e discernimento, come viene definito, sarebbe stato con tutta probabilità avviato comunque: certo è che la vicenda BpVi gli ha dato un’accelerata notevole. Tanto che l’assemblea del clero di ieri, particolarmente affollata - almeno trecento sacerdoti, più seminaristi e religiosi - ha affrontato un tema quanto mai attuale, la situazione economica della diocesi. Per interpretarla non si può prescindere dalla BpVi, o meglio dalla partecipazione azionaria della diocesi. Al 31 dicembre 2015 il pacchetto è di 26.254 azioni; se calcolate al valore massimo raggiunto, cioè 62,50 euro, il totale supera il milione e 640 mila euro. Adesso, a 10 centesimi, restano 2.625,40 euro. Da una somma paragonabile alle entrate di un anno, a pochi spiccioli. Una rivisitazione generale dei criteri gestionali, e alcune decisioni concrete per quanto riguarda gli immobili (a partire dagli spazi del Seminario vecchio), si sono rese improrogabili.

LE TAPPE. Don Alessio Graziani, portavoce della diocesi, spiega come il vescovo Beniamino Pizziol avesse avviato già in primavera, con la sua nota sulla questione della Banca popolare di Vicenza, un periodo di verifica della gestione del denaro e dei beni immobili nei diversi enti ecclesiastici. «La riflessione si è sviluppata nel Consiglio presbiterale, quindi nel Consiglio pastorale diocesano, e infine ieri nell’assemblea del clero. A partire da gennaio ci saranno inoltre incontri nel territorio, probabilmente a livello di vicariati, in cui don Renato Dovigo, economo diocesano, spiegherà la situazione». La quale è complessa, nel senso che la diocesi è composta da una pluralità di enti con autonomia gestionale: le parrocchie, il Seminario, l’Istituto di sostentamento del clero e altri ancora.

IL BILANCIO. La diocesi inoltre ha un proprio bilancio: nel 2016 le entrate sono date fondamentalmente dall’8 per mille, circa un milione e 424 mila euro, e dai versamenti delle parrocchie, che danno alla Chiesa vicentina 23 centesimi per abitanti, per un totale di 200 mila euro. Ci sono poi il Legato Muttoni, i biglietti del museo diocesano, gli affitti degli immobili. «Queste rendite, in realtà, sono praticamente a zero - precisa don Graziani - La diocesi possiede 40 unità immobiliari, che danno un gettito di 187 mila euro l’anno, che però se ne va tutto in tasse e manutenzioni». Le spese si aggirano annualmente su 1,1-1,2 milioni di euro l’anno, soprattutto per il personale (27 dipendenti, di cui 8 a tempo pieno e 19 part time) e per le utenze. «Il piccolo avanzo positivo ha permesso negli anni la creazione di un doveroso fondo di garanzia, 5 milioni di euro, per situazioni di emergenza che possono riguardare tanto le persone, quanto le strutture».

IL TETTO. Una forma di risparmio, quindi. Su questo però è intervenuto direttamente il vescovo Pizziol, «raccomandando - dice don Graziani - che ogni singolo prete e ogni ente ecclesiale fissi un tetto oltre il quale non è lecito risparmiare. È chiaro che un buon padre di famiglia non può essere San Francesco, ma c’è anche un limite oltre il quale il risparmio non è più lecito. Il di più va dato ai poveri». I singoli devono fare appello alla propria coscienza, per gli enti ci pensa il consiglio di amministrazione. Non che il sacerdote in sé possa risparmiare chissà cosa, lo stipendio annuo va dai 1.200 ai 1.400 euro. Però i preti non fanno voto di povertà, e possono anche ereditare. Anche la diocesi fa attività caritativa destinando un milione e 326 mila euro che arrivano dall’8 per mille proprio per questo scopo.

Il discorso sul risparmio rinvia inevitabilmente alla BpVi: c’è stato chi ha giudicato tardivo l’intervento di Pizziol. «Si tenga conto - specifica il portavoce - che alcune di quelle azioni sono state acquistate negli anni Ottanta, parte sono donazioni della banca stessa. Nel 2014 si era tentato inutilmente di venderle, non perché si sapesse di problemi, ma perché c’era bisogno di denaro. Non avevamo sentore di quanto stava accadendo. Ora siamo dalla parte di chi ha subito perdite, e questo paradossalmente ci dà maggiore libertà. E il vescovo è intervenuto, com’è suo stile, quando ha avuto tutti gli elementi per poterlo fare».

Gianmaria Pitton

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