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Vicenza

Crac BpVi chiesto
il trasferimento
del processo

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L'ex sede della Banca popolare di Vicenza
L'ex sede della Banca popolare di Vicenza
L'ex sede della Banca popolare di Vicenza
L'ex sede della Banca popolare di Vicenza

VICENZA. I difensori degli imputati a processo per il crac di BpVi chiedono il trasferimento del processo in un altro tribunale. L'istanza di remissione, figlia del legittimo sospetto, secondo il codice di procedura penale si può avanzare «in ogni stato e grado del processo quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del dibattimento e non altrimenti eliminabili determinano motivi di legittimo sospetto». Elementi che gli avvocati Dominioni, Ducci, Roetta, Manfredini, Ambrosetti e Diodà, individuano, esplicitandoli dettagliatamente, in alcuni punti.

 

I MOTIVI DELL'ISTANZA. Il primo: «La campagna mediatica ha coinvolto pesantemente l'Autorità giudiziaria vicentina in ordine a una presunta connivenza della stessa con il potere della Banca popolare di Vicenza». Con questo ricordando le passate indagini (riferite al 2001 e al 2009) che sarebbero divenute oggetto di una «feroce campagna mediatica che ha dato un'immagine dell'allora procura berica e del tribunale fortemente condizionati dai meccanismi di potere di BpVi». Spiegando poi che l'attuale procuratore capo Cappelleri avrebbe «sostanzialmente confermato tale teorema non solo con dichiarazioni alla stampa, ma anche in sede di Commissione d'inchiesta parlamentare». E facendo anche notare che lo stesso Cappelleri avrebbe in più occasioni «anticipato alla stampa» i passaggi dell'inchiesta (sequestri compresi).

 

L'altro punto preso in esame - dal documento - per dimostrare la mancanza di serenità nel giudizio fa riferimento «al vero e proprio conflitto aperto tra la stessa procura e l'ufficio del Giudice per le indagini preliminari». Una spaccatura nata dopo la decisione del gip Barbara Maria Trenti di dichiarare Vicenza incompetente in relazione a un troncone dell'inchiesta portando allo scontro con la procura. Passaggio, spiegano i legali di Gianni Zonin, Giuseppe Zigliotto, Emanuele Giustini, Paolo Marin (mancano Massimiliano Pellegrini e Andrea Piazzaetta) che ha portato il giudice e la sua famiglia a finire sotto scorta.

 

Ma non è tutto perché sul clima instauratosi in questo periodo ci sarebbe «il fatto che la procura - secondo l'istanza - nel corso di questi tre anni è rimasta sostanzialmente inerte difronte a tutta una serie di attività illecite svolte in danno agli ex esponenti di BpVi». In questo caso i legali fanno riferimento a una lunga serie di denunce (per atti persecutori, minacce e diffamazione) presentate dall'ex presidente Zonin.

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