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Vicenza

Chiese senza preti
«Calano le messe
Supplenze laiche»

Il vescovo Pizziol dà risposta al calo delle vocazioni
Il vescovo Beniamino Pizziol ha fornito gli orientamenti alle parrocchie vicentine. COLORFOTO ARTIGIANA
Il vescovo Beniamino Pizziol ha fornito gli orientamenti alle parrocchie vicentine. COLORFOTO ARTIGIANA
Il vescovo Beniamino Pizziol ha fornito gli orientamenti alle parrocchie vicentine. COLORFOTO ARTIGIANA
Il vescovo Beniamino Pizziol ha fornito gli orientamenti alle parrocchie vicentine. COLORFOTO ARTIGIANA

VICENZA. Una pietra miliare nel cammino della Chiesa vicentina. Monsignor Beniamino Pizziol lo sottolinea con gioia in una cattedrale affollata di preti, suore e soprattutto membri dei consigli pastorali parrocchiali e vicariali della diocesi vicentina. In effetti le 60 pagine raccolte nel libricino "Spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro" e consegnate al termine della suggestiva assemblea diocesana svoltasi ieri pomeriggio, sono una tappa a loro modo storica sulla strada intrapresa nel 1992 con la costruzione delle unità pastorali (e, prima ancora, era il 1990, con l'istituzione della preparazione al matrimonio cristiano).

 

Diverse le novità: quella che salta più agli occhi è l'invito ad attingere maggiormente dal mondo laico anche per far fronte al calo delle vocazioni. Anche in un'ottica, ancora embrionale qui da noi, ma ampiamente considerata al di fuori dei confini nazionali, di «una celebrazione domenicale della Parola in attesa del sacerdote». Senza consacrazione e previo accordo con il vescovo, ma almeno si eviterebbe quanto accaduto proprio ieri quando uno dei due sacerdoti di una unità pastorale saltasse per influenza il rito con i fedeli.

 

Come si intuisce, innanzitutto è una questione di numeri. «Dobbiamo tener conto dei pani a disposizione», osserva Pizziol, concetto che a latere don Flavio Marchesini, direttore dell'Ufficio per il coordinamento della pastorale sviluppa così: «Il numero di preti sta diminuendo a vista d'occhio. Non abbiamo più le forze per continuare a fare le stesse cose del passato ed è il momento di delegare, di responsabilizzare e di avere maggior fiducia nei laici». Una chiamata di responsabilità («i laici debbono mostrare competenza, passione sincera per la comunità e spirito di servizio») che fotografa non solo le difficoltà attuali, legate al calo delle vocazioni, ma anche la voglia di trasformare questa crisi in una opportunità di crescita «per una nuova presenza della Chiesa vicentina nel territorio con un nuovo volto ed un nuovo stile».

Cosa significa in soldoni è presto detto. Innanzitutto, però, qualche numero: alla prima unità pastorale delle Valli Beriche, comprendente le parrocchie di Arcugnano, Fimon, Perarolo, Villabalzana, Pianezze, Lapio e Torri di Arcugnano, in questi ultimi 27 anni se ne sono aggiunte altre 96, per un totale di 302 parrocchie coinvolte. Ne restano 53 con fisionomia a sé stante, ma già nei prossimi mesi questo numero è destinato a ridursi. Inquadrate le dimensioni, si tratta ora di capire cosa succederà nel concreto. I presbiteri dovranno mettere da parte alcune attività e concentrarsi sui tempi e sugli spazi che generano la fede. A iniziare dalle messe domenicali, che saranno ridotte. L'opuscolo ne racchiude i criteri, ovvero capire la partecipazione reale di fedeli ma anche di ministri laici necessari; distanziare di un'ora e mezza ogni celebrazione per evitare che ci sia una presidenza frettolosa e puramente rituale, assicurandosi di contro qualche momento in più da dedicare all'incontro con le persone; di non celebrare più di due messe alla domenica e nei giorni festivi, concordando una terza con la diocesi; curare una programmazione a livello di unità pastorale.

 

A cascata, ne consegue la necessità di aprire le chiese coinvolgendo i fedeli laici per garantire un ambiente accogliente, curato e aperto, nonché di capire cosa fare delle canoniche e delle opere parrocchiali non più utilizzate, vuote. «Piange il cuore - precisa Pizziol - ma in certi casi è meglio prevedere alienazioni che vederle andare in rovina». E poi liberare i preti dalle incombenze gestionali delegandole ai laici e individuare diaconi permanenti ai quali affidare, pur restando nel loro impegno familiare e professionale e a fronte di un cammino formativo e di un eventuale contributo economico, la cura pastorale di qualche parrocchia.

Roberto Luciani

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