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Vicenza

Causa “baciate”
La nuova BpVi
fa muro

L’ingresso della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin
L’ingresso della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin
L’ingresso della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin
L’ingresso della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin

Il Fondo Atlante sostiene che la gestione della Banca popolare di Vicenza da parte del precedente management è avvenuta in maniera corretta. Ovvero nel pieno rispetto del codice 2358 del codice civile legittimando così tutte le operazioni deliberate dall’ex Consiglio di amministrazione presieduto da Gianni Zonin. Comprese le cosiddette “baciate”, vale a dire anche i finanziamenti con fondi propri finiti al centro anche dell’inchiesta della procura della Vicenza. La linea difensiva dei nuovi vertici della Popolare è stata opposta davanti al giudice del tribunale delle Imprese di Venezia nel caso che vede coinvolto uno dei “grandi azionisti” assistiti dall’avvocato Mario Azzarita, dello studio Sat di Padova. La vertenza è legata a un finanziamento di 30 milioni di euro. Complessivamente i legali patavini seguono cause contro BpVi per un valore totale di oltre 150 milioni di euro.

MURO CONTRO MURO. Per i nuovi vertici della Popolare tutte le operazioni deliberate dall’ex cda erano legittime perché concluse quando la banca veniva considerata una cooperativa e non invece una società per azioni. Da qui, stando ad Atlante, il pieno rispetto dell’articolo 2358 del codice civile e di conseguenza la decisione di non scendere ad alcun “patto” con gli azionisti ricorrenti, respingendo ogni mediazione e qualsiasi accordo stragiudiziale. «La Banca ha sempre rifiutato ogni trattativa - fanno sapere dallo studio Sat -. I suoi rappresentati legali si sono presentati in udienza rivendicando la legittimità di tutto quanto stabilito, anche delle operazioni con finanziamenti propri». Il giudice ha quindi preso atto delle due posizioni e deciso di rinviare il processo a febbraio del prossimo anno. Ma altri azionisti sono già pronti a costituirsi in giudizio: le prossime cause (sempre gestite dallo studio Sat) verranno infatti discusse fra qualche settimana, a Venezia. Sul caso, i vertici di BpVi lasciano filtrare solo una breve dichiarazione: «Di certe questioni si deve parlare in tribunale e non in altre sedi». L’avvocato Mario Azzarita invece ribadisce che lo studio Sat continuerà sulla linea intrapresa. «E questo - dice - per tutti i clienti finanziati (e non) che hanno comunque subito un pregiudizio in base alle operazioni sostenute e accettate, anche in base alle comunicazioni non corrispondenti al vero che la Popolare dava in merito alla propria situazione patrimoniale».

Tra le persone che hanno deciso di intraprendere la strada del giudizio civile non ci sono solo azionisti che facevano degli investimenti mobiliari il loro business, ma anche e soprattutto imprenditori che avevano puntato sulla Popolare di Vicenza convinti della sua solidità bancaria e di quella dei titoli emessi. Clienti che avevano messo nell’istituto di via Battaglione Framarin decine di milioni di euro (chi addirittura 40 in una volta) e che ora si trovano con un pugno di carta straccia. «Anche durante le fasi di mediazione promosse davanti alla Camera di commercio la Banca ha sempre dichiarato di non essere disponibile a trovare alcuna soluzione transattiva», aggiunge lo studio Sat. Ma adesso la differenza, rispetto a quel passaggio, sta nella posizione ufficiale, sostenuta davanti a un giudice vero e proprio dai legali del Fondo Atlante, che sostiene le legittimità delle operazioni decise dai precedenti vertici dell’istituto. Gli stessi che (in nove) sono stati indagati dalla procura per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. E sui quali il nuovo management (a questo punto forse non a caso visto la posizione sostenuta a Venezia) non ha promosso alcuna azione di responsabilità.

Matteo Bernardini

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