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Nanto, l'intercettazione

Bandito in cella
«Tentata rapina
Fuori in 3 anni»

I banditi tentano di entrare nella gioielleria di Zancan con le mazze
I banditi tentano di entrare nella gioielleria di Zancan con le mazze
L'assalto mortale alla gioielleria di Nanto

Almeno cinque-sei plichi di intercettazioni ambientali depositati agli atti del processo. Colloqui che Oriano Derlesi, imputato di essere il bandito che ha ingaggiato il conflitto a fuoco con Graziano Stacchio nel corso della rapina a Nanto nel febbraio 2015, ha intrattenuto dopo l'arresto (nell'estate 2015) con i suoi familiari nella casa circondariale di Venezia. Dialoghi in cui il presunto bandito, nemmeno davanti ai suoi parenti più stretti, ammette di avere sparato imbracciando un kalashnikov; ma che allo stesso tempo però, in maniera quasi ossessiva continua a fare e rifare il calcolo degli anni che potrebbe costargli un'eventuale condanna. Arrivando addirittura a sperare in un ipotetico indulto o in alternativa anche all'amnistia.

 

I CALCOLI. Derlesi, arrestato dal nucleo investigativo dei carabinieri di Vicenza coordinato dal maggiore Bertoli e dal luogotenente Ferrante, è convinto di prendere al massimo dai tre ai quattro anni e mezzo di carcere in caso di condanna. E questo perché a quanto pare anche un suo amico con due rapine, che in gergo chiama "ghiere" «è venuto fuori con gli arresti domiciliari». Due "ghiere", sottolinea, «fatte, non tentate come la mia, fatte». Facendo così riferimento al capo di imputazione che oltre al tentato omicidio plurimo contesta nei suoi confronti anche il tentato assalto alla gioielleria Luxò di Zancan. Poi, riferendosi anche a un altro conoscente, finito in carcere per due omicidi, Derlesi, parlando con una parente ripete che «io ho fatto una tentata, non ho fatto un omicidio». E ancora, sempre parlando delle possibili ripercussioni in vista di una sentenza, oltre alla convinzione di una pena ridotta rispetto al corposo capo di imputazione; Derlesi nei suoi ragionamenti punta a "tirarla" più lunga possibile. Magari «in attesa della Cassazione». Perché dopo, insomma, sarebbe «facile».

 

DERLESI E STACCHIO. Nei lunghi colloqui con i familiari a un certo punto un parente di Derlesi pronuncia il nome di Graziano Stacchio in riferimento alla richiesta di archiviazione che in quel periodo (siamo nell'estate di due anni fa) più o meno tutti invocano (il benzinaio di Ponte di Nanto era indagato per l'omicidio di Albano Cassol, uno dei componenti del commando entrato in azione per svaligiare la gioielleria Zancan ndr). E Derlesi è convinto che se la posizione di Stacchio dovesse essere archiviata a lui tirerebbero «fuori l'amnistia o l'indulto». Un indulto che gli costerebbe al massimo tre anni di carcere «se danno fuori quella lì». Perché, nel suo convincimento, se "dessero fuori" «quella lì vengo a casa domani».

 

«ME LA FANNO PAGARE». Oriano Derlesi, esplicitamente, non ammette mai nessuna accusa. In nessuno dei colloqui in cui è stato intercettato ha mai confessato, in maniera esplicita, di essere stato lui l'uomo con il kalashnikov che ha fatto fuoco a Nanto la sera del 3 febbraio 2015. In carcere, però, non ha nemmeno mai un cedimento. E nelle sue riflessioni è sempre molto analitico. A volte quasi asettico nell'analizzare ciò a cui potrebbe andare incontro se dovessero essere accolte le tesi dell'accusa. Tanto che, in uno dei tanti dialoghi "ascoltati" si lascia andare dicendo che alla fine, «se me la vogliono fare pagare, che io non c'entro, mi faranno pagare la tentata rapina». E poi ci sono ancora i calcoli. Quasi un tabellario: rapina fatta tre anni e otto mesi, ma a lui, stando a suoi calcoli, potrebbe «andare giù» da un anno e otto fino ad arrivare a tredici. Arrivando persino a calcolare che fino a una certa pena si arrivano a fare gli arresti domiciliari. Tanto più per lui, che, come ribadisce dalla sua cella, è una persona incensurata.

Matteo Bernardini

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