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Sicurezza idraulica

Bacino Caldogno
Sei anni dopo
città più sicura

Sei anni dopo l’alluvione del primo novembre è pronto per l’utilizzo il bacino di Caldogno. COLORFOTO
Sei anni dopo l’alluvione del primo novembre è pronto per l’utilizzo il bacino di Caldogno. COLORFOTO
Sei anni dopo l’alluvione del primo novembre è pronto per l’utilizzo il bacino di Caldogno. COLORFOTO
Sei anni dopo l’alluvione del primo novembre è pronto per l’utilizzo il bacino di Caldogno. COLORFOTO

E anche stavolta è passata. L’allerta meteo lanciata lo scorso fine settimana dalla Regione Veneto fortunatamente non ha visto concretizzarsi nuove emergenze per Vicenza. Nulla a che vedere con gli effetti disastrosi del 2010. Ancora una volta, dunque, il Vicentino tira un sospiro di sollievo. Ma quale potrebbe essere lo scenario se realmente tornasse a cadere la stessa quantità di pioggia e dovessero presentarsi le stessi condizioni meteo che in quell’occasione provocarono la devastazione? Vicenza è preparata, oggi, a quanto accadde 6 anni fa? E le opere realizzate sono in grado di salvare il capoluogo?

LA SITUAZIONE. La risposta del Genio civile è sì: Vicenza, oggi, è in grado di affrontare un’emergenza come quella del 2010 senza troppe preoccupazioni. «Il livello di sicurezza è stato elevato sensibilmente - spiega il direttore del Genio civile di Vicenza Mauro Roncada -. Oggi siamo in grado di affrontare la situazione profilatasi nel 2010 senza patemi d’animo, senza allagamenti in città né esondazioni». Roncada conosce bene l’argomento: negli ultimi anni ha lavorato nel Genio veronese, ma nel novembre 2010 era dirigente a Vicenza e ha vissuto in prima persona la traumatica esperienza della grande alluvione. «Il bacino di laminazione di Caldogno è senz’altro un passo avanti notevole - continua Roncada -. Se dovesse entrare in funzione, quello che è successo nel 2010 non accadrebbe più. Quest’opera, combinata con il bacino di viale Diaz, rappresenta un bel sospiro di sollievo per il capoluogo. In più, attorno alla città sono state rifatte tutte le arginature; esse sono state elevate ad un livello oltre la piena del 2010».

L’OPERA. «Il bacino di Caldogno è pronto ed è in grado di funzionare», spiega Massimo Coccato, progettista e direttore dei lavori per l’opera. «Con l’innalzamento del livello del fiume Timonchio, le opere consentono l’immissione delle portate in eccesso nel bacino - spiega l’ingegnere Coccato -. Ciò deve essere accompagnato da una reale necessità; gli eventi atmosferici dei giorni scorsi sono stati importanti, ma non c’è stato bisogno di utilizzare la cassa. La parte di monte è stata collaudata, per la parte di valle il collaudo è in corso e si concluderà entro fine anno. L’acqua non è ancora stata fatta entrare, in quanto ciò deve avvenire solo in determinate condizioni di piena del fiume». Come funziona, dunque, l’opera? «All’interno del Timonchio è stata inserita una traversa che ha il compito di controllare le portate del fiume - spiega il progettista -. L’acqua in eccesso può essere fatta confluire nel bacino. Per fare ciò è necessario movimentare le quattro paratoie che presidiano l’opera di presa. C’è la possibilità di riempire solo il settore di monte oppure anche quello di valle».

IL FIUME. La portata massima del Timonchio, il limite entro il quale non si dovrebbero verificare problemi per la città, è stata stabilita in 350 metri cubi al secondo. Al superamento di questa soglia viene azionato il relativo meccanismo e l’acqua inizia a confluire nell’invaso con una portata di 200 metri cubi al secondo. Il fiume prosegue così verso Vicenza con una portata ridotta, in modo tale da non poter causare criticità, tenendo conto anche degli apporti dovuti ai corsi d’acqua più a valle. Il bacino, per il quale sono stati spesi 41 milioni di euro, può essere riempito in tutto da 3 milioni 800 mila metri cubi d’acqua nel giro di 10-12 ore, per poi essere svuotato in un lasso di tempo compreso tra 18 e 24 ore. Il sistema di apertura e chiusura della cassa è automatizzato e può contare su una serie di sensori installati sugli argini i quali comunicano, attraverso un sistema di fibre ottiche, con il centro di controllo in loco. La situazione può essere monitorata in tempo reale anche a distanza, ad esempio sui terminali del genio civile, della Regione Veneto, della Protezione civile.

Matteo Carollo

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