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Vicenza

Appende cappio
e la minaccia
«Ora ti ammazzo»

Un cappio come quello che l’imputato avrebbe appeso in casa
Un cappio come quello che l’imputato avrebbe appeso in casa
Un cappio come quello che l’imputato avrebbe appeso in casa
Un cappio come quello che l’imputato avrebbe appeso in casa

La loro era ormai diventata una convivenza impossibile. Almeno stando a quanto ha ricostruito la procura e messo nero su bianco nel capo di imputazione con cui il magistrato ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di Zoran Jovancev, 53 anni, di origine serba, ma residente in città in corso Padova 244. L’imputato, difeso dall’avvocato Paolo Mele, è infatti accusato di maltrattamenti nei confronti della sua ex, Milena, 39 anni, anche lei serba e assistita dall’avvocato Francesca Nisticò.

BOTTE E MINACCE. In base a quanto ricostruito dalla procura nel corso delle indagini coordinate dal sostituto Hans Roderich Blattner, Jovancev avrebbe cominciato a tormentare la sua convivente all’inizio del 2013. E i suoi atteggiamenti violenti e minacciosi sarebbero ancora in atto. L’imputato, alle aggressioni fisiche, stando al rapporto della polizia giudiziaria, avrebbe alternato anche le percosse consistite in schiaffi, e poi nel tirare la sua ex per i capelli dopo averla anche afferrata per il collo.

IL CAPPIO. In una circostanza, per intimidire a quanto pare la sua ragazza, Jovancev avrebbe deciso di appendere un cappio a una delle travi di casa. E come già questo non fosse sufficiente avrebbe minacciato Milena di ucciderle il cane o di regalarlo ai vicini di casa. Ma le minacce di morte nel corso degli ultimi anni si sarebbero ripetute di continuo attraverso frasi sempre più pesanti. Della serie: «Ti picchio al punto che ti costringerò a restare sulla sedia a rotelle». E ancora: «Ti taglio con il coltello pezzo per pezzo», oppure: «Ti porto in un bosco, e dopo averti legata a un albero ti darò fuoco». Quindi, non contento, avrebbe pure annunciato di volere dar fuoco alla casa in cui vivevano. Insomma una serie di comportamenti nei confronti dei quali le altre ingiurie, seppur piuttosto pesanti, sarebbero state acqua fresca.

STATO D’ANSIA. Tutta la situazione vissuta, e subita a lungo nel corso degli ultimi anni, avrebbero portato la partner dell’imputato a vivere in una situazione di costante e grave stato di ansia. Un sentimento che avrebbe portato la donna ad avere timore per la sua stessa vita, nonché per quella degli altri familiari. Anche loro, evidentemente, vittime del comportamento violento dell’imputato.

DENUNCIA E INCHIESTA. A un certo punto Milena ha deciso di dire basta alla vita che era costretta a vivere e si è rivolta alla polizia giudiziaria raccontando agli investigatori della procura quello che da anni, ormai, stava continuando a subire da parte del suo convivente. Una querela alla quale, la donna, ha fatto seguire una dettagliata serie di testimonianze riguardo a diversi episodi di cui sarebbe stata vittima. Anche davanti ad altre persone della sua stessa famiglia. La segnalazione stilata dalle forze dell’ordine è quindi finita in procura sul tavolo del pubblico ministero che ha deciso di integrare le indagini sentendo anche altre persone in qualche modo legate alla vicenda che vedeva protagonisti i due fidanzati.

IL PROCESSO. Concluse le indagini preliminari, e raccolte le prove presentate, il sostituto procuratore ha quindi inviato all’ufficio del giudice per le indagini preliminari la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Jovancev che a quanto pare avrebbe sempre negato le accuse che gli sono state mosse da parte degli inquirenti. Ieri mattina, al termine dell’udienza preliminare, il giudice Massimo Gerace ha deciso che il cittadino serbo dovrà essere processato. L’imputato, in base a quanto disposto, dovrà presentarsi in aula il prossimo 23 gennaio per presenziare alla prima udienza del processo a suo carico. In quella circostanza, davanti al giudice Garbo, potrà difendersi dalle contestazioni che gli sono state mosse e dimostrare che lui con tutti quei comportamenti violenti non c’entra proprio nulla. Nemmeno con il cappio che avrebbe fatto pendere da una trave all’interno di casa sua.

Matteo Bernardini

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