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Vicenza

Anoressia
l'incubo inizia
anche a 8 anni

Patologia che continua a colpire migliaia di ragazze in tutta Italia con esiti che spesso sono drammatici 
Sono centinaia le ragazze che soffrono di anoressia seguite dal Centro di riferimento provinciale
Sono centinaia le ragazze che soffrono di anoressia seguite dal Centro di riferimento provinciale
Sono centinaia le ragazze che soffrono di anoressia seguite dal Centro di riferimento provinciale
Sono centinaia le ragazze che soffrono di anoressia seguite dal Centro di riferimento provinciale

VICENZA. Un blog per istigare le ragazzine di 14 e 15 anni a perdere peso, a seguire una dieta di appena 500 calorie al giorno. Se avessero esagerato con il cibo, il consiglio era di vomitare. Con tutte le spiegazioni su come fare. Quel blog, frequentato da migliaia di adolescenti, si chiama “Pro Ana”. È nato per alimentare il fenomeno dell’anoressia. L’autrice, una diciannovenne di Porto Recanati, è stata denunciata per induzione al suicidio e lesioni gravissime. Ma, spento un blog, se ne accendono altri 300 mila, quanti sono in Italia i siti riconducibili al fenomeno “pro anoressia”, una sorta di religione on line sempre più diffusa, una sorta di divinità da adorare, un santone via web che invita a digiunare e aiuta a superare i momenti difficili in un’epoca in cui il 10-15 per cento delle ragazze da 14 a 25 anni soffre di un disturbo della sfera alimentare. E anche se, per teoria, sparissero blog e forum, ecco che la comunità virtuale di chi è finito fra i tentacoli d’acciaio dell’anoressia si sposta sui social network, canali più difficili da scovare, per imparare i trucchi di quel crudele rito che è perdere peso.

 

LE PATOLOGIE. La realtà resta. Complessa. Spesso inestricabile. Anoressia, bulimia e disturbi da alimentazione incontrollata sono i tre volti di uno stesso mostro che ghermisce con gli artigli le sue vittime e le schiaccia fino a dilaniare la carne, a togliere il respiro, ad uccidere. Sono patologie tra le più complesse, con una tendenza alla cronicizzazione (circa il 20-30 per cento dei casi) e un indice di mortalità (5-12 per cento) che ne fa la seconda causa di morte tra i giovani e la prima (fino al 20 per cento) fra le devianze di carattere psichiatrico. La sirena suona l’allarme rosso da tempo, ma la deriva non si arresta. All’ospedale di Vicenza, nel centro di riferimento provinciale per i disturbi del comportamento alimentare, anche quest’anno sono state fatte 250 prime visite. Nel 50 per cento si tratta di ragazze che vivono la devastante esperienza dell’anoressia, malattia che si impadronisce del corpo, della psiche, ma soprattutto dell’anima, gabbia da cui si vorrebbe fuggire ma non si sa come. In carico al reparto guidato da Laura Bellin ce ne sono oltre 200. Per lo più minorenni. Età media: 17 anni. Ma la soglia continua ad abbassarsi.

 

SEMPRE PIÙ GIOVANI. Ci sono anche ragazzine di 12-13 anni. E di qui, in questa specie di stiva stretta e tortuosa travestita da reparto, sono passate in questi mesi anche bambine di appena 8-9 anni. Il male oscuro non fa sconti a nessuno. Una settantina le ragazze che sono ricoverate in day hospital. Restano in queste stanze dalle 8 alle 19.30, e consumano pranzo e cena sotto lo sguardo vigile di dietiste, psicologhe, educatrici, infermiere. La supervisione è della dottoressa Bellin: «La dieta - spiega - viene pianificata e personalizzata. Qualcuna cerca qualche espediente per non mangiare. Ci mette tanto tempo. Spezzetta lentamente il cibo. Sono i sintomi della malattia». In tre anni 40 di queste bambine appena cresciute sono state ricoverate in pediatria. Ossa sporgenti. Gambe scheletriche. Non più di 30 chili. Problemi di circolazione. Cuore debole. «Il rischio somatico era troppo forte». Le cure cliniche si fanno altrove. «Qui facciamo attività psicoterapeutica per motivarle. Una volta la settimana le portiamo nell’atelier di San Felice per stimolare le loro capacità espressive. C’è anche un gruppo di cucina. Facciamo colloqui con i genitori ogni 15 giorni. Il nostro lavoro principale è l’ascolto. Queste ragazze vivono una grande sofferenza. Sono insoddisfatte di sé. Vanno in depressione. Spostano le loro difficoltà nel controllo ossessivo del peso davanti a uno specchio che restituisce un’immagine sempre distorta, che fa apparire sempre grasse, e si crea un circolo vizioso - conclude Laura Bellin - che le porta a dimagrire sempre più, fino a far riversare sul cervello i danni del digiuno».

 

LE POSSIBILITÀ. Oggi, se le terapie sono adeguate, il 70 per cento si salva, riesce a uscire dall’incubo e a riprendere un’esistenza normale. Occorre un lavoro lungo, attento, che può durare da 6 mesi a due anni. Ma se la situazione di partenza è molto critica ci possono essere ricadute, anche a distanza di molto tempo. L’incantesimo si spezza, e l’anoressia torna di nuovo. Come l’influenza. Innescando un meccanismo a catena che più di qualche volta conduce verso l’abisso del suicidio. Un cerchio tragico. 

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