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Vicenza

Allam sta con Zaia
«Il burqa non è
simbolo religioso»

Alcune donne con il burqa completo, il velo che copre l’intero corpo introdotto in Afghanistan
Alcune donne con il burqa completo, il velo che copre l’intero corpo introdotto in Afghanistan
Alcune donne con il burqa completo, il velo che copre l’intero corpo introdotto in Afghanistan
Alcune donne con il burqa completo, il velo che copre l’intero corpo introdotto in Afghanistan

VICENZA. La scorta non lo abbandona un istante, è così da 13 anni, ma lui non rinuncia a testimoniare le sue idee. Personaggio scomodo, Magdi Cristiano Allam, di quelli che si amano o si odiano, senza mezze misure. A Padova per promuovere “Islam, siamo in guerra”, ne approfitta per una sosta a Vicenza e per un assist al governatore Luca Zaia. La proposta di vietare il burqa in ospedale e negli uffici regionali, sulla scorta della delibera già votata al riguardo dalla Regione Lombardia, lo trova pienamente favorevole. Del confine tra ordine pubblico e deroghe religiose se ne discute almeno da un decennio. Dall’epoca della lite tra l’ex sindaco Gentilini e il prefetto di Treviso.

«La decisione del presidente Maroni e ora di Zaia è solo il primo passo. È fondamentale che il governo risolva il conflitto creato nel 2005 da una sua circolare».

Di cosa si tratta?

Sappiamo che c’è una legge che impone a tutti i cittadini di andare a volto scoperto. Per un’esigenza di sicurezza è necessario che i tratti somatici di una persona siano immediatamente identificabili. Nel 2005 l’allora ministro degli Interni Giuseppe Pisanu diramò una circolare che riconosceva il burqa come vestiario religioso consentendone l’uso. Una circolare dovrebbe aiutare a interpretare la legge, qui invece entra in contraddizione stabilendo una deroga per i musulmani.

Un doppio binario giuridico?

Sì, e come tale pericoloso. Da una parte c’è lo stato di diritto, dall’altra si accredita anche all’interno del nostro paese la sharia, la legge islamica. Quella circolare va abolita presto.

C’è chi, però, chiama in causa le suore.

Non si può paragonare il velo islamico alle suore. Quella monastica è una scelta religiosa, il velo è una realtà imposta, accettata da tutte le donne islamiche indistintamente, ma resta una divisa ideologica. Come la tunica lunga e la barba per gli uomini. Sottintende una scelta di vita che concepisce l’Islam come realtà a sè stante rispetto alla nostra civiltà.

Il quesito è sempre lo stesso: esiste un Islam moderato?

Esistono persone moderate. Non si tratta di fare la guerra ai musulmani che vivono in Italia rispettando le regole della normale e civile convivenza, ma di riaffermare il nostro diritto a salvaguardare una civiltà che considera tutti gli uomini uguali, dove le donne hanno pari dignità. Dobbiamo prendere a modello la Repubblica Veneta.

Vale a dire?

Venezia aveva rapporti commerciali con tutti e basi nel Mediterraneo, ma non ha mai avuto una moschea.

Sono queste cose che fanno arrabbiare i musulmani con lei.

Rimasi male quando Oriana Fallaci mi disse che non potevo essere musulmano. Io anteponevo la ragione e il cuore a quello che ha detto Maometto e a quello che c’è scritto nel Corano, dove si legittima il terrorismo suicida, l’odio verso gli ebrei, i cristiani, gli infedeli, gli apostati, gli omosessuali. Maometto era una guerriero, che dopo Costantinopoli mirava a conquistare Roma. I video di questi giorni vengono da lì e l’incompatibilità con la nostra civiltà è evidente.

Siamo in guerra, dunque.

Sì, ed è meglio che ne prendiamo atto presto. La Libia è solo a 300 chilometri da noi, è una minaccia reale. Va bonificata, non con bombardamenti, ma sul campo. Espellere gli imam e i fanatici è solo la punta dell’iceberg.

Roberto Luciani

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