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Vicenza

Agonismo sportivo
«In città certificati
solo pagando»

Un atleta durante una visita medica per l’attività agonistica
Un atleta durante una visita medica per l’attività agonistica
Un atleta durante una visita medica per l’attività agonistica
Un atleta durante una visita medica per l’attività agonistica

«Nel 2017 Vicenza sarà città europea dello sport. Sicuramente un riconoscimento al nostro movimento sportivo, ma, intanto, per avere un certificato medico di idoneità all’attività agonistica, dobbiamo andare a Sandrigo o a Noventa. Non solo: ma ci fanno pure attendere una novantina di giorni dopo aver prenotato perché si viene chiamati in ordine cronologico. Un disagio incredibile. Sono anni che segnaliamo all’Ulss questa situazione paradossale ma non cambia nulla».

La denuncia, fra amarezza e accusa, arriva dal professor Gaetano Bellon, 63 anni, insegnante di educazione fisica appena in pensione, una vita da docente al liceo classico Pigafetta, e tuttora istruttore della gloriosa “Umberto I” di lotta greco-romana, pesi e pugilato, associazione sportiva tra le più antiche e titolate di Vicenza.

Il problema - spiega Bellon - è di vecchia data, si trascina da decenni, ma non trova soluzione. «Un ragazzo che deve fare una visita specialistica per fare sport o ha bisogno di vidimare un patentino è costretto a recarsi all’ex ospedale di Sandrigo o all’ospedale di Noventa. In città non esiste un servizio pubblico di medicina dello sport. A Sandrigo o a Noventa gli ambulatori sono aperti solo al mattino. Devono essere presenti anche i genitori visto che i ragazzi hanno un’età media di 13 anni e, comunque, quasi tutti meno di 18. Un genitore deve chiedere il permesso al datore di lavoro per accompagnare il figlio, prendere l’auto, spendere soldi per il carburante, mentre il ragazzo perde un giorno di scuola. Ma è possibile?».

La premessa è che, in base a un decreto ministeriale del 18 febbraio 1982 sulla tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica, chi pratica una disciplina deve sottoporsi periodicamente a un accertamento di idoneità che prevede una serie di esami come la spirometria, il test visivo e l’elettrocardiogramma sotto sforzo. L’obbligo riguarda, pertanto, tutti i tesserati di una società sportiva affiliata a una federazione nazionale.

Solo che la relativa certificazione, che di norma resta valida un anno, può essere rilasciata esclusivamente da specialisti di medicina dello sport in un centro pubblico o privato accreditato. Il servizio pubblico è quello dell’Ulss che, ormai da tempo, lo ha dislocato nelle sedi satelliti di Sandrigo e Noventa.

I centri privati, e ce ne sono parecchi, si trovano, invece, anche in città, e non fanno attendere neppure un giorno. Con una differenza sostanziale. Per i ragazzi fino a 18 anni la visita nel centro dell’Ulss è gratuita. Il Servizio sanitario nazionale non la fa pagare. I privati, invece, sì. Eccome. «Dai 30 ai 50 euro – spiega Bellon -. Dipende dall’età». In un anno si fanno circa 3 mila visite sportive.

«Significa – prosegue Bellon - che 3 mila persone per avere un nulla-osta medico vengono dirottate in periferia. È uno spreco di risorse. Ovvio che così si favoriscono i privati. Molti per evitare difficoltà e lungaggini preferiscono pagare. E il diritto alla sanità pubblica?».

Il prof. Bellon chiede una risposta all’Ulss: «Non si riesce a capire questa scelta. Se è questione di spazi che mancano, siamo disposti a offrire una nostra palestra». Poi, invoca l’intervento di Achille Variati: «Ripeto i numeri che, secondo il sindaco, hanno portato al riconoscimento internazionale assegnato a Vicenza. Abbiamo 20 mila giovani sotto i 20 anni e 7 mila persone sopra i 60 che praticano attività fisica, 3 mila 900 fra dirigenti, tecnici, arbitri e volontari impegnati nello sport e 42 federazioni sportive nazionali rappresentate in città. Meritiamo o no una medicina dello sport a chilometri zero?».

Franco Pepe

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