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“Omo de la rocia” Stop alle scalate «Troppi pericoli»

L’“Omo de la rocia”, il leggendario sperone nella zona di Muzzolon.  A.C.
L’“Omo de la rocia”, il leggendario sperone nella zona di Muzzolon. A.C.
L’“Omo de la rocia”, il leggendario sperone nella zona di Muzzolon.  A.C.
L’“Omo de la rocia”, il leggendario sperone nella zona di Muzzolon. A.C.

Stop alle ascensioni sull’“Omo de la rocia”. Si attiva l’assessore alla sicurezza, Francesco Lanaro, che sta studiando le possibili modalità, dai cartelli segnaletici ai divieti, per segnalarne la pericolosità dello spuntone su cui diverse persone si avventurano sfidando i rischi. A Muzzolon, frazione collinare di Cornedo, si erge maestoso, ben visibile anche dalla pianura sottostante, un grosso monolite calcareo. Sulle mappe comunali è indicato con il nome “Sengio lungo”, ma da tempi antichi, quando a Muzzolon il vernacolo veneto prese il posto del cimbro, lo si indicò con il toponimo “Omo de la rocia”. Probabilmente per due motivi: innanzitutto, per la sua forma caratteristica di roccia, che suggerisce il profilo di un volto umano; poi, ci pensò la fantasia popolare a fare il resto. Secondo la leggenda, il masso sarebbe caduto dal monte Stomita per volere di Dio (o del demonio!) per distruggere il villaggio sottostante di uomini, che conducevano una vita sregolata. Si racconta anche che Muzolone e Carienta, due giovani goti, che diedero origine alla signoria dei Trissino, passassero il loro tempo sopra lo sperone roccioso, osservando la pianura, futuro feudo del casato. Si tratta di leggende, come scrive il parroco, don Domenico Colicelli, in una pubblicazione del 1935, che la gente del posto si tramandò di generazione in generazione. Di vero c’è che si tratta di un luogo ricco di reperti preistorici, risalenti al neolitico e all’età del bronzo, oggetto in quest’ultimi anni di scavi archeologici a cura della docente Mara Migliavacca. Si sono trovati selci, materiali litici e pezzi di ceramica, strumenti di metallo in rame. Insomma, un alone di mistero sembra aleggiare su questo masso roccioso, tanto che sono sempre di più le persone che lo scalano, portandosi sulla sommità. Ultimamente l’interesse è cresciuto. Sporadicamente negli anni scorsi, ma sempre più frequentemente in questi ultimi due, si vedono persone che si spingono sotto il masso, anche per i reperti venuti alla luce con gli scavi. Alcuni, inebriati dall’atmosfera leggendaria, che avvolge il luogo e sull’onda della storia dei due goti innamorati, non si fermano alle pendici, si inerpicano per un’escursione attraverso un varco difficoltoso, appena abbozzato nella roccia e fra i radi arbusti, raggiungendo la sommità del masso. Senza curarsi del pericolo, rappresentato dal terreno articolato in pendenze, dalle rocce inclinate e sporgenti e dal ristretto spazio della sommità dell’“Omo de la rocia”, senza ripari a strapiombo sulla pianura. Una scivolata può essere mortale. Di fronte a questa circosteanza. l’assessore alla sicurezza Francesco Lanaro non poteva far finta di niente. Ha visto anche alcune foto, che riprendono coppie sulla cima e sta pensando a dei cartelli di divieto o, per lo meno, di segnalazione dei pericoli di un’escursione sconsiderata. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Aristide Cariolato

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