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Maltratta moglie e figli
Offese al campo di calcio

Un campo da calcio di Valdagno dove giocava il giovane più volte offeso dal padre.  FOTO ZILLIKEN
Un campo da calcio di Valdagno dove giocava il giovane più volte offeso dal padre. FOTO ZILLIKEN
Un campo da calcio di Valdagno dove giocava il giovane più volte offeso dal padre.  FOTO ZILLIKEN
Un campo da calcio di Valdagno dove giocava il giovane più volte offeso dal padre. FOTO ZILLIKEN

Per 13 anni avrebbe costretto tutta la sua famiglia a sopportare il peso di insulti, offese, umiliazioni spesso gratuite, che hanno reso il vivere insieme spesso un inferno. Poi la moglie e i figli si sono ribellati, denunciando quell’operaio che li avrebbe ossessionati con un atteggiamento aggressivo e prevaricatore. Per la procura il comportamento irriguardoso, unito a qualche episodio di violenza, integra il reato di maltrattamenti in famiglia. E per questo, il pubblico ministero Gava, prima di lasciare Vicenza per Padova, aveva chiuso le indagini e chiesto il processo a carico di G. C., 61 anni, di Valdagno (le iniziali sono a tutela della figlia minorenne, altrimenti riconoscibile). Oggi, l’imputato è a processo davanti al giudice Toniolo per rispondere, appunto, di maltrattamenti; difeso dagli avv. Roberto Zamagna ed Erasmo Avella contesta fieramente le accuse, ritenendole insussistenti.

In base a quanto ricostruito dopo la denuncia delle presunte vittime - che in aula potrebbero costituirsi parte civile per chiedere un risarcimento dei danni che ritengono di avere subito - e dopo le indagini della polizia giudiziaria, è emerso che dal gennaio 2001 fino al settembre 2014 l’operaio avrebbe tormentato, soprattutto psicologicamente, la moglie di 53 anni e i figli, che oggi hanno 25 e 15 anni.

Come? Il figlio più grande si sarebbe sentito dire da suo padre, in centinaia di occasioni, che era uno «stupido», che «non capisci niente», che «non sei capace di fare nulla». Il genitore lo avrebbe seguito durante le partite di calcio che giocava con una squadra della zona, da ragazzo. E, come molti papà, si sedeva in tribuna; ma non per fare il tifo, bensì per insultarlo e per umiliarlo. Durante la partita, o peggio negli spogliatoi, sarebbe stato solito urlargli, davanti a tutti: «Sei il più scarso di tutti», «Sei stato il peggiore in campo», «È meglio se smetti con il calcio», oppure «Dovevi farti cambiare», alludendo ad una sostituzione. Per il giovane sarebbe stato un incubo avere il padre in tribuna; anziché spronarlo a fare di più e meglio, ad impegnarsi, a cercare di migliorarsi, quell’atteggiamento lo avrebbe abbattuto, tanto da indurlo a sbagliare. Fra l’altro, in epoche successive, il padre lo avrebbe umiliato anche in altre circostanze, alla presenza di persone diverse, apostrofandolo come «il buono a nulla», o «il disgraziato».

Analogo comportamento l’imputato lo avrebbe tenuto con la figlia, fin da quando era cresciuta un po’. In particolare, se la sarebbe presa con lei per il rendimento scolastico: l’avrebbe mortificata dicendole «non capisci niente», «se non hai tua mamma che ti fai compiti tu non sei capace».

Non diverso sarebbe stato il modo di approcciarsi alla moglie, la quale sarebbe stata oggetto di una serie di offese anche alla presenza dei figli.

Non solo. L’operaio avrebbe anche alzato le mani sul figlio maggiore, in almeno un’occasione, che risale al novembre 2012, colpendolo con un pugno durante un’accesa discussione nel corso della quale lo avrebbe anche minacciato, dicendogli: «Te copo».

Questo atteggiamento complessivo, che la procura ha definito nel capo di imputazione «contrario ai principi del rispetto e dell’educazione», avrebbe provocato «sofferenze personali e psichiche» a tutti i famigliari, alle quali il marito/padre non avrebbe mai posto rimedio. Al di là dei singoli episodi, è il comportamento generale ad avere violato la legge, secondo la procura.

L’imputato, da parte sua, si difende contestando le accuse e ritenendole non fondate. Ha sempre ammesso che vi siano stati dei litigi in casa, come avviene in tutte le famiglie; e sostiene come certi suoi modi avessero semplicemente un intento educativo, non già vessatorio. Dovrà adesso convincere anche il giudice.

Diego Neri

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