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La Montana può ripartire
«I conti ora sono a posto»

La Comunità Montana “Agno Chiampo” intende rilanciare il suo ruolo per promuovere il territorio
La Comunità Montana “Agno Chiampo” intende rilanciare il suo ruolo per promuovere il territorio
La Comunità Montana “Agno Chiampo” intende rilanciare il suo ruolo per promuovere il territorio
La Comunità Montana “Agno Chiampo” intende rilanciare il suo ruolo per promuovere il territorio

Cambia il commissario, ma la Comunità montana “Agno Chiampo” è ancora in stand by. La situazione sembra non riuscire a sbloccarsi. Ma ora la situazione è matura per prendere una decisione. Valdagno in testa, ma anche le altre Amministrazioni che sono in stasi. «Le possibilità per essere di nuovo operativi in tempi brevi esistono e bisogna coglierle per poter lavorare a progetti importanti. Diversamente ci dovremo accontentare di piccoli interventi locali» è l’appello lanciato ai sindaci della Montanaa dal consigliere di maggioranza delegato al territorio, Fernando Manfron.

A cercare di smuovere le acque è l’ultimo presidente della Comunità “Agno-Chiampo” prima del commissariamento arrivato con Romano Filippi prima e, da qualche mese, con Stefano Angelini. Dal 2013, i fuoriusciti Valdagno, Cornedo, Trissino e Chiampo non hanno ancora deciso quale sarà il loro destino. Con la legge regionale 40 i comuni con più di 5 mila abitanti potevano scegliere se uscire dall’ente e così la Montana, originariamente composta da Altissimo, Brogliano, Chiampo, Cornedo, Crespadoro, Nogarole, Recoaro, San Pietro Mussolino, Trissino e Valdagno, per una superficie di 23 mila 443 ettari ed una popolazione di 60 mila abitanti, si è trovata orfana dei “pezzi grossi”.

L’ente, con sede in via Festari, era stato commissariato dalla Regione nel gennaio 2014 per le difficoltà economiche: a fronte di un costo di gestione di 240 mila euro, da Venezia per coprire le spese arrivavano circa 130 mila euro annui che sono destinati anche oggi all’amministrazione ordinaria. Le maggiori uscite erano imputabili alla voce personale con la presenza di due dirigenti, un funzionario ed una segretaria. «Ora il disavanzo economico non c’è più - ha spiegato Manfron -. Un dipendente è stato assunto dal Comune di Montecchio Maggiore e uno è andato in pensione. Oggi il trasferimento regionale sarebbe quasi sufficiente a coprire le spese ordinarie. Bisogna rientrare, creare l’Unione montana, perché un comune da solo non può portare avanti progetti strategici. Oggi è necessario partecipare ai bandi uniti in macro zone e ragionare nell’ottica del marchio d’area. Anche le 6 Amministrazioni rimaste devono attivarsi per la procedura di passaggio all’Unione: al momento solo Recoaro ha provveduto a nominare i 3 rappresentanti richiesti dalla legge». Insomma Manfron scalpita e non vuole perdere treni che potrebbero portare al rilancio del territorio. Le opzioni sarebbero tre: rimanere fuori dare vita ad una nuova Unione dividendo in due il territorio, accorparsi ad una già esistente. Il messaggio è chiaro: «L’importante è uscire da questo impasse, anche se subentrare in un ente già costituito vuol dire non avere peso politico e accettare lo Statuto deciso da altri».

Veronica Molinari

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