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L’uomo che va a caccia di dinosauri

Filippo Bertozzo, 27 anni, di Trissino è un paleontologo impegnato nello studio di fossili e dinosauri
Filippo Bertozzo, 27 anni, di Trissino è un paleontologo impegnato nello studio di fossili e dinosauri
Filippo Bertozzo, 27 anni, di Trissino è un paleontologo impegnato nello studio di fossili e dinosauri
Filippo Bertozzo, 27 anni, di Trissino è un paleontologo impegnato nello studio di fossili e dinosauri

TRISSINO. Pala, piccone, spazzole e gesso e si parte per il Nevada alla scoperta di “tyrannosaurus“ e “velociraptor”. Lasciata Trissino alle spalle, il paleontologo Filippo Bertozzo di 27 anni, laureato con lode a Bologna in scienze naturali, un master internazionale di paleobiologia a Bonn ed oggi ricercatore in attesa di una borsa di studio per il dottorato all’università Libera di Bruxelles, si divide tra conferenze, pubblicazioni di articoli e scavi in giro per il mondo.

 

LA PASSIONE. Una passione che nasce dai documentari di Piero Angela e che è cresciuta costringendo la famiglia a infiniti viaggi per raggiungere i musei di tutta Italia. «Il primo è stato quello di storia naturale di Venezia e mai avrei creduto di poter studiare, quasi 20 anni dopo, lo scheletro del dinosauro esposto - ha raccontato Bertozzo -. La mia tesi, pubblicata recentemente sulla rivista scientifica internazionale “PeerJ”, fu incentrata sull’analisi anatomica e storica dell’esemplare di “Ouranosaurus nigeriensis” (l’ouranosauro, ndr) conservato là. Le immagini di scheletri, così alieni, appesi nelle pose più disparate colpirono la mia immaginazione. Come apparivano in vita? Che suoni emettevano? Come si muovevano? Come cacciavano? Come sono apparsi? E perché si sono estinti? Ero, e sono ancora, assetato di risposte».

 

IL LAVORO. Anche se la maggior parte del lavoro si svolge in ufficio e nei laboratori, non mancano gli scavi. «Partecipare è fisicamente molto impegnativo, perché vuol dire raggiungere luoghi impervi negli angoli più remoti del mondo - ha proseguito Bertozzo -. Nel 2015 ho partecipato ad una ricerca sul campo nel deserto del Nevada, sulle Augusta Mountains, con una crew guidata dal mio professore tedesco, Paul Martin Sander, e finanziata dalla National Geographic. Dovevamo estrarre uno scheletro quasi completo di un gigantesco ittiosauro, un rettile marino di circa 240 milioni di anni fa. Il sito di scavo si trovava sulla cima della montagna, e quindi abbiamo montato le tende alla base: sveglia alle 6, tre ore di risalita con 20 chili sulla schiena tra pacchi di gesso e galloni d’acqua, otto ore di lavoro e ulteriori tre ore di discesa». L’ultima emozionante avventura è stata in Wyoming, conosciuto tra gli studiosi di dinosauri per i ritrovamenti di scheletri famosi risalenti al giurassico: il carnivoro Allosaurus, l’armato Stegosaurus, e colli lunghi come Brontosaurus e Diplodocus. Ma come si trova un dinosauro? «Una volta individuata l’area giusta, attraverso lo studio delle carte geologiche o l’indicazione di cercatori di fossili locali, si libera il sedimento sovrastante con pale e picconi, a volte con macchinari pesanti. Poi si rimuovono i vari livelli rocciosi, controllando la presenza di fossili. Individuato l’esemplare, lo si ripulisce con piccoli utensili appuntiti e spazzole, si delimita la sua estensione e si scava una trincea attorno al perimetro. Si provvede, poi, ad appoggiare vari strati di tessuto imbevuto di gesso sopra l’esemplare, per proteggerlo durante l’estrazione ed il trasporto».

 

IL FUTURO. E l’Italia? «Vorrei tornare ma le specializzazioni sono troppo costose, mentre all’estero molte sono più economiche se non gratuite. Inoltre, non esistono master focalizzati interamente nella paleontologia e la preparazione “manuale” si acquisisce all’estero con laboratori e lavori sul campo. Non ci sono possibilità lavorative retribuite e mancano prospettive per “politiche scientifiche”. Sia chiaro la situazione è difficile ovunque, ma fuori dal Bel Paese vi sono più possibilità».

Veronica Molinari

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