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«Guido carri funebri
ma per me è normalità»

Lorena Ongaro, prima da sinistra, durante un servizio funebre. A.M.
Lorena Ongaro, prima da sinistra, durante un servizio funebre. A.M.
Lorena Ongaro, prima da sinistra, durante un servizio funebre. A.M.
Lorena Ongaro, prima da sinistra, durante un servizio funebre. A.M.

È un mondo tradizionalmente a tinte maschili, quello dei servizi funebri. Ma a spezzare la tradizione di questa professione ci pensa Lorena Ongaro. «Credo di essere l’unica donna in provincia a guidare un carro funebre», dice.

TRADIZIONE. Lei ha 53 anni, e da decenni lavora nell’attività di famiglia dove non si limita a guidare l’auto funebre, cosa che già di per sé richiede destrezza e qualità, ma coordina anche tutto quello che riguarda il comparto funebre della “Fioreria Armando”.

«So che ci sono altre donne che lavorano nel settore dei servizi funebri - racconta Ongaro -, ma perlopiù si occupano della composizione dei feretri e della sistemazione delle salme. O, in alternativa, sbrigano la burocrazia legata a questa attività». «Io - continua la donna - svolgo anche quello, per carità, ma sono sempre stata in prima fila in questo lavoro, seguendo le istruzioni di mio papà Beniamino, che tutti in città conoscevano come Dino».

LA DITTA. Si tratta di un’attività iniziata settanta anni fa e che, da allora, prosegue negli anni sempre a conduzione famigliare.

Con Lorena, infatti, a sei anni dalla scomparsa del padre Beniamino, continuano a lavorare nella ditta legata ai fiori e alle piante, la mamma Angelina e la sorella Giordana, mentre per quanto riguarda le onoranze funebri, Lorena coordina i figli Michele, 28 anni e Roberto 23 anni. «Ho iniziato gestendo gli uomini e guidando un furgone. Un lavoro di fatica che si traduceva nel trasportare materiale di vario tipo, dai cesti alle corone di fiori».

LA SVOLTA. «Quando abbiamo acquistato il carro funebre nuovo, dieci anni fa, ho chiesto a mio padre di insegnarmi a guidarlo - ricorda Lorena Ongaro -. Lui ha accettato. Così io conducevo e lui sedeva al mio fianco, spiegandomi quando rallentare e quando invece procedere più velocemente».

«Ora, dieci anni dopo, sto trasmettendo ai miei figli tutto quello che so, come mio padre ha fatto con me», dice.

Una figura importantissima quella del padre per Lorena. «Mi ha insegnato soprattutto che questo lavoro va compiuto con il cuore, ogni momento. Si tratta di fare grandi sacrifici ripagati con il ricevere molto dal punto di vista umano. La presenza di una donna è importante, perché offre qualcosa in più».

«Ricordo tutti i funerali che abbiamo fatto e ognuno lascia dentro qualcosa - prosegue Ongaro-. Dal primo a San Quirico, che ho affrontato con il cuore in gola, fino all’ultimo servizio».

E ancora: «La paura di sbagliare c’è sempre e spesso ancora mi tremano le gambe. Quando ho iniziato non volevo andare da sola alle celle mortuarie. Ora è diverso, ma l’emozione non cambia e alla fine di ogni funzione mi sento sfinita». Un lavoro ritmato, come facile immaginabile, da circostanze difficili. «È impossibile spiegare cosa si prova quando ci si trova di fronte a genitori che perdono un figlio, per esempio. Bisogna accompagnarli, stando attenti a non precipitare noi stessi nel dolore». Sul muro dell’ufficio di Lorena Ongaro c’è una lettera incorniciata. Le è stata spedita da una donna che aveva perso da poco un famigliare. «“Ci hai dato sicurezza in un momento difficile come quello della perdita della mamma”», legge ad alta voce, «ed è anche da queste parole che trovo forza».

Karl Zilliken

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