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Uccisa dallo sparo La svolta: omicidio In cella l’ex marito

Il corpo senza vita di Anna Filomena Barretta portato via dall’abitazione di via Aldo Moro a Marano
Il corpo senza vita di Anna Filomena Barretta portato via dall’abitazione di via Aldo Moro a Marano
Il corpo senza vita di Anna Filomena Barretta portato via dall’abitazione di via Aldo Moro a Marano
Il corpo senza vita di Anna Filomena Barretta portato via dall’abitazione di via Aldo Moro a Marano

Ivano Tolettini Diego Neri La pistola Beretta calibro 9 del metronotte Angelo Lavarra impugnata dalla mano destra di Anna, morta in un lago di sangue, mentre l’autopsia accerta che il colpo alla nuca è compatibile solo con lo sparo di una mano sinistra. Il colpo sarebbe stato esploso a 30 centimetri e non a bruciapelo come avviene per i suicidi. I due mazzi di chiavi dell’abitazione di via Aldo Moro 5/B nella disponibilità della guardia giurata, mentre agli inquirenti ha ripetuto che l’ex moglie era entrata in casa da sola alle 8.30 di martedì 20 novembre. Poi le contraddizioni durante le varie testimonianze. Come quando Lavarra ha detto di avere trovato il corpo della moglie in cucina, ma nella prima versione aveva spiegato di averla rinvenuta in camera, dove in effetti l’ha soccorsa il medico del Suem che ha constatato il decesso. SVOLTA. Quanto basta per spingere il sostituto procuratore Luigi Salvadori a firmare il fermo per l’omicidio volontario, quello che viene definito femminicidio, dell’ex moglie di Angelo Lavarra, 43 anni, originario di Massafra, in provincia di Taranto, ma da vent’anni residente nel Vicentino. La svolta nelle indagini su quello che appare come il suicidio simulato di Anna Filomena Barretta, 42 anni, madre di due figlie di 16 e 11 anni, avviene ieri mattina. Dall’altra sera la guardia giurata era stata convocata in caserma dal pm Salvadori per contestargli le menzogne raccontate per giorni ai carabinieri di Thiene e del nucleo investigativo, guidato dai tenenti colonnelli Giuliani e Bertoli. CONVALIDA. In particolare, era stato il medico legale al termine dell’autopsia a mettere sul chi va là il magistrato che le perplessità degli investigatori sulla ricostruzione fornita da Lavarra erano fondate. I tanti dubbi non erano più un mero sospetto come nelle prime ore.«State prendendo un colossale granchio», sibila l’uomo distrutto, mentre i carabinieri del colonnello Santini gli dicono che sarà trasferito in carcere in attesa della convalida perché avrebbe ucciso l’ex compagna. MOVENTE. La guardia giurata della Civis avrebbe ammazzato Anna Filomena, dalla quale era separato da poche settimane, al culmine di una lite avvenuta il 20 novembre, nell’appartamento situato nella palazzina dove risiedono dodici famiglie. Sul movente, per adesso, gli inquirenti non si sbilanciano. Come sull’elemento tutt’altro che irrilevante se è stato un omicidio d’impeto oppure premeditato. RIS. I numerosi indizi che fin dalle prime ore avevano indotto i carabinieri di Thiene del capitano Rossetti e i colleghi di Vicenza a dubitare del racconto dell’uomo che parlava di un suicidio, hanno trovato conferma nel minuzioso lavoro dei Ris di Parma. Come il trascinamento del corpo da una stanza all’altra, che hanno fatto vacillare la ricostruzione del dramma avvenuto intorno alle 9.30-10. A cominciare dal colpo di pistola alla nuca che appariva incompatibile con il suicidio di Anna. Ma non solo, ad esempio la circostanza che quella mattina Lavarra avesse chiamato il 112 e non il 118, come generalmente avviene in questi casi. Un fatto che aveva fatto subito dubitare i militari. Inoltre, ma questo farebbe propendere per la premeditazione, che la gurdia era andata a sparare pochi giorni prima in modo da avere un alibi per la positività all’esame dello stub, che rileva tracce di polvere sulla mano di chi spara. Questi particolari davano un’impressione negativa della versione dell’ex marito, ma che doveva essere suffragata da indizi. Del resto, i dubbi degli investigatori hanno trovato conferma nei riscontri oggettivi dei Ris eseguiti per due giorni di fila. L’ARMA. Il fermo di Angelo Lavarra, va sottolineato, è indiziario. Egli non ha confessato, anzi respinge con tutte le sue forze la tesi accusatoria. I lettori ricordano, perché lo abbiamo scritto più volte, che Lavarra ha spiegato ai militari che quando è stato svegliato dal colpo di pistola stava dormendo sul divano del salotto. A piedi scalzi è corso a vedere che cos’era successo ed ha trovato la compagna morta. Rispondendo alle domande, ha spiegato che era stata lei a entrare in casa con il suo mazzo di chiavi intorno alle 8.30, dopo che le figlie, affidate a lui, erano andate a scuola. Lui era rientrato alle 5 dal lavoro notturno anziché alle 7 perché aveva un forte mal di testa. I due hanno discusso di questioni economiche e lei, che aveva preso in affitto un altro appartamento, avrebbe manifestato l’intenzione di rientrare sotto il tetto coniugale. «Le ho detto però che avrebbe dovuto tornare come moglie», ha precisato l’uomo. Quindi mentre Anna avrebbe proseguito con i lavori di casa, lui si sarebbe appisolato. Resta la questione dell’arma. Usare una pistola per chi non l’ha mai fatto non è agevole. Soprattutto la tecnica per scarrellare le semiautomatiche richiede pratica. «Glielo avevo insegnato», ha dichiarato Lavarra non convincendo i carabinieri. Nove giorni dopo il suicidio simulato di Anna la cattura. •

Ivano Tolettini Diego Neri

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