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«Matteo sognava un mondo più umano»

La deposizione di una corona d’allora sulla tomba di Matteo Miotto. FOTOSERVIZIO STELLA CISCATOUn momento della cerimonia nella chiesa dei Cappuccini
La deposizione di una corona d’allora sulla tomba di Matteo Miotto. FOTOSERVIZIO STELLA CISCATOUn momento della cerimonia nella chiesa dei Cappuccini
La deposizione di una corona d’allora sulla tomba di Matteo Miotto. FOTOSERVIZIO STELLA CISCATOUn momento della cerimonia nella chiesa dei Cappuccini
La deposizione di una corona d’allora sulla tomba di Matteo Miotto. FOTOSERVIZIO STELLA CISCATOUn momento della cerimonia nella chiesa dei Cappuccini

«Chissà cosa farebbe oggi Matteo se, quel maledetto 31 dicembre di sei anni fa, un cecchino non lo avesse ferito a morte, mentre stava facendo il suo dovere in Afghanistan». Se l’è chiesto sabato mattina don Angelo Sacchiero, il cappellano militare che ha celebrato la messa commemorativa al Santuario Santa Maria dell’Olmo, troppo piccolo per contenere la folla che ogni anno si raduna per ricordare il primo caporal maggiore Matteo Miotto.

Se lo sono chieste anche le centinaia di persone che hanno voluto stare al fianco dei genitori Anna e Franco: i commilitoni del 7° reggimento di Belluno, gli amici di una vita, tanti alpini in servizio e in congedo, numerosi sindaci, tra cui Gianni Casarotto e Roberto Berti, attorniati da oltre sessanta gagliardetti di gruppi alpini e dalle insegne di altre associazioni d’arma.

Sull’altare le tre candele che Matteo aveva preso dalla chiesa dei frati e portato con sé in Afghanistan: «Tornano in questo Santuario dopo sei anni - ha detto don Sacchiero - grazie alla mamma che le ha volute condividere con tutti noi perché siano simbolo di fede, di speranza e di carità».

Valori che Matteo aveva ben presenti quando è partito per l’Afghanistan, come ha raccontato sua madre, affidando il suo ricordo ad uno scritto letto dal cappellano militare. «Matteo non mi ha mai parlato dei combattimenti mentre era in missione, ma mi raccontava sempre di quella gente, della povertà e soprattutto dei bambini. A casa avevamo una grande scatola rosa con dentro i pennarelli, le matite e i pastelli di quando era piccolo; un giorno mi ha detto “Mamma, preparami quella scatola perché quando ritorno in Afghanistan la devo portare con me per regalarla ai bambini”».

«Quella scatola non è mai giunta in Afghanistan - ha concluso don Angelo - ma ciò che importa è il sogno che aveva Matteo, quello di rendere più umano questo mondo. Ciò che conta è la sua intenzione, partire dal basso, regalando ai piccoli delle matite per colorare il mondo. Matteo in questo è per noi tutti un grande esempio».

La cerimonia è proseguita con il corteo - aperto da una rappresentanza della Fanfara storica e dal coro alpini di Thiene, seguito dallo striscione “Matteo presente” portato dagli amici - diretto al cimitero, fino all’ara dei Caduti dove è sepolto Matteo; qui, dopo l’alzabandiera, sono stati resi gli onori al suono del Silenzio e, sulla tomba, sono state deposte le corone.

Alessandra Dall’Igna

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