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La fuga di pazienti costa 38 milioni di euro

Uno scorcio sul folto pubblico presente all’incontro. STUDIOSTELLA-CISCATO
Uno scorcio sul folto pubblico presente all’incontro. STUDIOSTELLA-CISCATO
Uno scorcio sul folto pubblico presente all’incontro. STUDIOSTELLA-CISCATO
Uno scorcio sul folto pubblico presente all’incontro. STUDIOSTELLA-CISCATO

Da una parte ci sono i sindaci dell'Alto Vicentino e il dg Giorgio Roberti che esaltano l'eccellenza delle cure nell'ex Ulss 4, prendendola come esempio di efficienza e avanguardia negli interventi sanitari. Dall'altra parte, invece, c’è un esercito di pazienti che, pur potendo usufruire delle prestazioni sanitarie all'azienda sanitaria, preferiscono rivolgersi ad altre Ulss, spesso anche fuori provincia o addirittura regione.

Un fenomeno chiamato “mobilità passiva” che complessivamente, all'interno della nuova Ulss 7 Pedemontana, riguarda il 34% degli utenti e cioè uno su tre. E ha un costo che, nel 2016, ha raggiunto l'esorbitante cifra di 38 milioni di euro, divisi equamente tra le ex Ulss 4 Alto Vicentino e 3 Bassano.

L’ESODO DI PAZIENTI. L'allarmante dato è emerso giovedì sera durante l'incontro pubblico sul futuro della sanità locale a cui hanno partecipato il direttore generale dell’Ulss 7 Giorgio Roberti e i sindaci del territorio, nonché tanti cittadini. In particolare, le specialità per cui i pazienti dell’Unità sanitaria “Pedemontana” si rivolgono altrove - ovvero Vicenza, Arzignano, ma anche Bussolengo, Verona, Cittadella e Padova, - sono ortopedia, chirurgia generale, cardiologia, ostetricia e ginecologia. «Naturalmente ognuno può andare a curarsi dove lo ritiene più opportuno - ha spiegato il dg Roberti - ma questi dati, in continuo peggioramento, ci costringono ad interrogarci sul motivo per il quale tanti cittadini scelgono di non farsi curare all'interno della nostra Ulss. Può essere che il paziente decida di seguire lo specialista e di dare ascolto al passaparola, oppure sceglie di fuggire da tempi di attesa per l'intervento troppo lunghi. In tutti questi casi, è necessario - ha aggiunto il direttore generale - che troviamo il modo di contenere questa mobilità passiva che ha un'incidenza elevata sul bilancio dell'azienda».

I REPARTI. Nel caso specifico di ortopedia, ad esempio, i pazienti «vanno soprattutto a Vicenza e ad Arzignano, eppure l'Ulss 7 ha quattro ortopedie, di cui due a Santorso, una ad Asiago e una a Bassano - spiega Roberti - Appare evidente come sia indispensabile ridefinire il servizio per rendere sostenibile il sistema. In questo specifico caso, tra le possibili aree di intervento c'è la revisione organizzativa dei primariati, la specializzazione per struttura, lo sviluppo di competenze professionali, l'integrazione dell'organico e la riduzione dei tempi d'attesa». Nel corso della serata, il dg Roberti ha poi sottolineato l'importanza dell'ospedale di Santorso all'interno della nuova Ulss 7 Pedemontana, rispondendo alle domande del pubblico sulla possibilità che, alla fine della fusione, il nosocomio di Santorso diventi subalterno all'ospedale di Bassano. «Al di là dei vincoli imposti dal project financing - ha affermato Giorgio Roberti - ci sono tante ragioni per cui sarebbe insensato chiudere l'ospedale di Santorso, in primis perché è ricco di tecnologie all'avanguardia che nessun'altra struttura possiede. Ed è proprio per questo che non solo deve essere salvaguardato, ma implementato il più possibile».

Alessandra Dall’Igna

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