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Thiene

«L’uomo può tutto
Ce lo impone
il Corano»

Hassana, convertita all’Islam, con il rosario del corano. FOTO STELLA
Hassana, convertita all’Islam, con il rosario del corano. FOTO STELLA
Hassana, convertita all’Islam, con il rosario del corano. FOTO STELLA
Hassana, convertita all’Islam, con il rosario del corano. FOTO STELLA

Le scorgi appena sgattaiolare via alla chetichella, in un fruscio di vesti colorate e chador. Tengono gli occhi bassi, soprattutto in presenza di uomini. Sanno di essere osservate, sempre, dai loro mariti, padri, figli, fratelli. Le lasciano all’ingresso della scalinata esterna che conduce alla sala a loro riservata, sopra il centro islamico di via del Rosario a Thiene e, finito il sermone, le attendono in auto per far ritorno a casa, l’unico luogo dove una donna musulmana può finalmente sollevare lo sguardo e abbandonare il velo, nella limitata libertà delle sue quattro mura. L’imam delle comunità islamiche del Veneto Kamel Layachi, tuonando contro le nefandezze dell’Isis durante la preghiera di venerdì, ha voluto ritagliare uno spazio anche per la delicata e sempre attuale condizione femminile nella cultura e nella religione musulmana, ammettendo che sì, «esistono alcuni casi di famiglie distrutte dalla violenza» e che quella domestica è da ripudiare e condannare come i delitti commessi dai terroristi. Donne-madri e mogli, ruoli cuciti addosso come una seconda pelle per chi nasce femmina nell’Islam: hanno fretta all’uscita dalla moschea, devono andare a prendere i bambini a scuola, cucinare il pranzo, rassettare la casa. Tutte scappano veloci, raggiungono i mariti, solo Hassana si lascia avvicinare rispondendo, seppur con esitazione, alle nostre domande. Hassana ha 50 anni, è ghanese, sposata, ha sette figli: vive a Thiene da molto tempo e in città ha cresciuto tre ragazze, ora grandi e sposate, alle quali ha insegnato quello che le è sempre stato spiegato e che lei ripete come un mantra: «L’uomo può fare tutto e la donna lo deve servire. L’uomo lavora e la donna sta a casa. È così, lo dice l’Islam». Naturale per Hassana che uomini e donne non possano neppure pregare insieme in moschea, «lo dice l’Islam», perfettamente normale che le donne coprano i capelli, «è peccato mostrarsi a capo scoperto», assolutamente logico che, in strada, al supermercato o in qualunque altro luogo affollato, le donne non guardino negli occhi un uomo: «È proibito per una donna guardare negli occhi un uomo che non sia il marito e il figlio, soprattutto quando lo riconosce come islamico. Nemmeno un uomo musulmano dovrebbe però guardare negli occhi una donna islamica».

È una fede incrollabile, che non lascia spazio a critiche quella di Hassana, anche quando proviamo a farle notare quanto sia anacronistico in Italia, in Occidente, un simile modo di vivere e di pensare: «Sì non è facile, ma l’Islam dice così, io amo l’Islam, è la mia religione e facciamo quello che dice. A Thiene siamo venuti per il lavoro, solo per quello...». E le figlie, nate e cresciute in Italia? «Hanno solo amici musulmani, non escono la sera, non sono mai andate in discoteca, non possono, io e mio marito non lo permettiamo». Una visione rigidissima e certo ben lontana da quell’idea di integrazione che tanto le istituzioni quanto la scuola propongono come antidoto al fondamentalismo ma che per Hassana è l’unica possibile da quando, 36 anni fa, si convertì: «Non sono sempre stata musulmana, nasco cristiana, i miei genitori lo sono, ma ho abbracciato l’Islam che è la mia vita». G.AR.

G.AR.

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