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«Crac BpVi, un brutto colpo per l’Ascom»

Emanuele Cattelan è stato testimone di cambiamenti epocali per il commercio thienese. FOTO STELLAPiazza Chilesotti, il “salotto” spesso teatro di manifestazioni
Emanuele Cattelan è stato testimone di cambiamenti epocali per il commercio thienese. FOTO STELLAPiazza Chilesotti, il “salotto” spesso teatro di manifestazioni
Emanuele Cattelan è stato testimone di cambiamenti epocali per il commercio thienese. FOTO STELLAPiazza Chilesotti, il “salotto” spesso teatro di manifestazioni
Emanuele Cattelan è stato testimone di cambiamenti epocali per il commercio thienese. FOTO STELLAPiazza Chilesotti, il “salotto” spesso teatro di manifestazioni

Alessandra Dall’Igna

Ha traghettato i commercianti dalla lira all’euro, lottato per arginare l’avanzata della grande distribuzione, incassato il no del Comune alla riapertura al traffico di Corso Garibaldi e visto sfumare circa 500 mila euro in azioni della Banca Popolare di Vicenza. Sono stati 20 anni densi di battaglie vinte e perse quelli di Emanuele Cattelan alla guida della Confcommercio Mandamento di Thiene, che si estende nei comuni di Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano, Cogollo, Fara, Lugo, Marano, Salcedo, Sarcedo, Valdastico, Villaverla, Zanè e Zugliano e conta oltre mille soci. Una presidenza tra le più longeve, ora in dirittura d’arrivo: il prossimo 5 dicembre sarà eletto il nuovo presidente - tra i nomi che circolano c’è quello di Vittorio Santacatterina, ex presidente della Cantina Beato Bartolomeo - e Cattelan traccia il suo bilancio.

Tra i momenti più critici c’è il fallimento della Banca Popolare di Vicenza di cui l’Ascom possedeva circa 10 mila azioni.

«Noi siamo tra i soci che nel 2013 avevano tentato di vendere le azioni. Non riuscendoci, ci siamo tutelati con la banca facendoci emettere dei documenti di impegno di riacquisto. Abbiamo delle frecce al nostro arco per ottenere indietro i nostri soldi qualora vi siano delle sentenze in questa direzione. Parliamo di circa 500 mila euro».

Una somma significativa, vi ha messo in difficoltà?

«Abbiamo sempre gestito l’Ascom come un padre di famiglia farebbe con i suoi risparmi, diversificando gli investimenti, molti dei quali stanno andando bene, e facendo “musina”, per cui l’associazione gode di ottima salute. Faccio presente che presidente, giunta e consiglio in vent’anni hanno lavorato a titolo gratuito, anche senza rimborsi spese. Questo ha fatto risparmiare all’associazione centinaia di migliaia di euro».

Alla presidenza dal 1998, lei è un testimone dei cambiamenti del commercio: quali sfide ha dovuto fronteggiare?

«Il primo cambiamento epocale è stato il passaggio dalla lira all’euro nel 2002: abbiamo impiegato un anno a formare i commercianti, aiutandoli a districarsi con la doppia moneta e i nuovi registratori di cassa. È stato un passaggio tecnico ma anche psicologico, che ha visto i commercianti più anziani andare in tilt. L’altra grande trasformazione è avvenuta con l’arrivo negli anni ’90 della grande distribuzione, che per Thiene era rappresentata dal “Continente”».

Il primo centro commerciale dell’Alto vicentino, che ha poi dato il via al fiorire di discount e catene monomarca...

«Da quel momento l’asse commerciale si è spostato dal centro alla periferia, uno spostamento degli acquisti a senso unico che non ha più fatto ritorno. Questo ha portato ad un impoverimento della nostra area, dato che i guadagni della grande distribuzione ma vanno all’estero. Come associazione abbiamo provato ad arginare il fenomeno, con risultati altalenanti perché doveva esserci una precisa scelta politica di tutela della piccola e media distribuzione che non c’è stata».

Appurato che un ritorno al passato è impossibile, come può il commercio dei centri storici riguadagnare terreno?

«I piccoli commercianti devono specializzarsi, offrire un prodotto che si posizioni nella nicchia della nicchia. Non c’è alternativa. Per farcela bisogna offrire merce esclusiva abbinata ad un servizio di alta qualità, quello che nella grande distribuzione e nei discount non si trova. Nei centri città si deve andare verso i centri commerciali diffusi».

Si spieghi meglio...

«Il problema dei negozi è che hanno superfici troppo piccole e quindi poco attrattive. Allora perché non incentivare la fusione delle attività, abbattendo i muri interni che le separano e creando delle innovative gallerie commerciali, che consentano ai clienti di spostarsi da un negozio all’altro?

Un’idea che potrebbe essere sviluppata dal prossimo presidente del Mandamento: quali compiti gli affida?

«È necessario continuare a impegnarsi nella formazione e nell’assistenza ai commercianti, in particolare sul fronte delle nuove sfide come l’e-commerce e la comunicazione sui social network; due strumenti che, se usati in maniera efficace, possono dare una grande mano alle piccole e medie attività. E poi c’è da superare il problema del ricambio generazionale e convincere i giovani ad investire nel commercio».

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