<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Schio

Odissea giudiziaria
per un sosia: chiede
i danni allo Stato

Il tribunale di Padova
Il tribunale di Padova
Il tribunale di Padova
Il tribunale di Padova

SCHIO. Le testimoni erano decise quando se lo trovavano davanti in caserma o in tribunale. «È lui il rapinatore del cimitero» ripetevano come fosse una litania, incuranti di quanto la memoria possa abbagliare. E ogni volta Nicola Fioravanzo ai carabinieri ripeteva che si trattava di un errore, clamoroso, perché al momento degli assalti era al lavoro o da tutt'altra parte.

 

Sono trascorsi undici anni da quando la vita del ragazzo di Schio, che tale non è più perché ha maturato 38 anni, venne sconvolta: due ordini di custodia per 50 giorni di arresti domiciliari; una condanna in primo grado a Padova a quasi 5 anni di reclusione, annullata dalla Corte d'Appello di Venezia nel settembre 2015; e alcune archiviazioni per una serie di rapine avvenute tra Padova, Venezia e Treviso. 

 

Nei giorni scorsi il suo legale, l'avvocato Deborah Squarzon, ha avviato la causa in Corte d'Appello contro lo Stato italiano affinché venga condannato a risarcire 50 mila euro allo sfortunato Fioravanzo. «La mia vita è stata stravolta da un sosia - ripete Nicola, che lavora come magazziniere - perché non c'è dubbio che quelle donne fossero in buona fede, solo che non ero io quel rapinatore». Ma carabinieri e giudici non avevano coltivato il dubbio fino a quando una perizia antropometrica volta a comparare le caratteristiche fisiche del rapinatore con quelle di Nicola lo ha scagionato. «Quell'individuo girava con una bandana per non farsi riconoscere - osserva Squarzon -. Nonostante quello le vittime, suggestionate, riconoscevano Nicola perché pareva uguale». 

I.T.

Suggerimenti